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Quando il tuo tutor è un collega africano

Il racconto di Giulio Iacob, Junior Project Officer in Chirurgia, rientrato dall’ospedale Aber, in Uganda. Un periodo di formazione arricchente, grazie al dottor Jimmy, chirurgo ugandese di grande esperienza.

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    «Aber si trova in una regione all’estremo Nord dell’Uganda, un’area sconosciuta anche a molti Ugandesi: è proprio l’ultimo miglio. L’ospedale, in mezzo al nulla, è una realtà valida, è sì un ospedale africano, ma assolutamente dignitoso, dove sono presenti le professionalità necessarie al suo funzionamento. È evidente come lì il Cuamm goda di credibilità e di solidità».

    Quello che non si vede…

    «Fin dall’inizio, mi sono reso conto come ognuno di noi Jpo si inserisca in un organismo che funziona a prescindere dalla nostra presenza. Sono stato fortunato perché avevo come tutor il dottor Jimmy, un chirurgo preparato e con la voglia di trasmettere le sue conoscenze. Sicuramente, la pratica chirurgica è diversa per età dei pazienti, per patologie ed epidemiologia e i tempi di diagnosi e di azione sono dilatati rispetto all’Italia, dal momento che si affrontano complessità differenti. La cura, sostanzialmente, non cambia, mutano gli strumenti a disposizione e le tempistiche.

    Non esiste la terapia intensiva, anche perché non sarebbe sostenibile per il sistema sanitario locale e, naturalmente, è pesante vedere più persone, giovani, giovanissime, morire. È fondamentale il filtro del tutor che ci affianca, fornendo gli strumenti per comprendere il contesto e cambiando il nostro approccio alle situazioni».

    Quello che non si vede…

    «Ho “sperimentato” la calma: a volte, scegliere di aspettare è terapeutico. In Occidente, siamo abituati a cercare sempre una soluzione, subito, all’istante, perché ci viene costantemente richiesta, ma spesso bisognerebbe fermarsi ed attendere. Un contesto come Aber permette di acquisire maggiore flessibilità, migliorando le proprie capacità di adattamento. È quello che, in fondo, occorre per partire, una mente elastica, aperta, che inizialmente osserva e ascolta per comprendere. Se si parte con questo spirito, l’adattamento umano è infinito».

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