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Una corsa contro il tempo

Un parto sicuro e assistito richiede personale qualificato, ma anche risorse di base come una trasfusione. È ciò che ha salvato la vita di Faith e del suo bambino a Matany, in Uganda.

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    Nell’ospedale di Matany, regione della Karamoja, Uganda, Faith arriva in procinto di partorire. É la sua seconda gravidanza. 19 anni e un primo parto cesareo, quando arriva in ospedale viene ricoverata per gastroenterite ed infezione alle vie urinarie. Il team Cuamm inizia la terapia e quattro giorni dopo Faith sta meglio. Ma è proprio quando la sua condizione permette a tutti di tirare un respiro di sollievo che le membrane si rompono. Da lì a poco dovrebbe entrare in travaglio ma le contrazioni non iniziano, neanche 48 ore dopo.

    L’ecografia mostra che il bimbo sta bene, sembra essere di più di 3,5 kg. Il liquido amniotico però è scarso e il rischio di infezioni reale. In questa condizione, non si deve escludere la possibilità di una morte fetale intrauterina.

    «Dovevamo far partorire Faith – dice Claudia Ciglioni specializzanda in ginecologia -. Purtroppo però, non potevamo darle il farmaco per stimolare le contrazioni: la cicatrice sull’utero, segno del primo parto, avrebbe potuto provocare una rischiosa rottura».

    L’unica possibilità per questa giovane madre è un taglio cesareo. Proprio lo stesso pomeriggio, mentre Faith è ricoverata, l’ospedale deve gestire altre due emergenze ostetriche. I casi appena arrivati sono molto più delicati e l’equipe sanitaria decide di agire subito e posticipare all’indomani l’intervento di Faith. In un contesto a basse risorse, dove i mezzi sono scarsi e il personale qualificato è poco, bisogna saper compiere delle scelte. Ogni intervento di emergenza ostetrica è una corsa contro il tempo. 

    «Ero preoccupata dalle possibili complicanze dovute alla membrana, rotta da due giorni – dice Claudia -. Mi era già capitato di affrontare casi simili e purtroppo se non si interviene tempestivamente, è difficile salvare il neonato. Quindi ho deciso di non aspettare e di portare Faith in sala operatoria, a fine giornata».

    Le aderenze della prima gravidanza hanno reso il parto di Faith più complesso del previsto e poco dopo aver sentito il pianto del piccolo, Faith ha iniziato a perdere molto sangue. L’emorragia post-partum è una complicanza pericolosa per la donna. Se non viene gestita in modo tempestivo da personale medico, può essere fatale. Faith è stata fortunata, grazie ai medicinali essenziali e alla capacità di intervento del team sanitario di Matany, l’emorragia è stata bloccata presto. Quella di Faith, assistita da medici e infermieri, è una storia a lieto fine. Purtroppo però, ad oggi sono ancora moltissime le donne che muoiono durante la gravidanza o per complicanze legate al parto: circa 280.000 in tutto il mondo, la maggior parte in Africa sub-Sahariana. In Uganda, il tasso di mortalità materna si attesta intorno a 284 ogni 100.000 nati vivi, un numero che vorremmo azzerare e che ogni anno, giorno dopo giorno, cerchiamo di ridurre con interventi sanitari dedicati alla salute di mamme e bambini.

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