UN INCONTRO PER TRE OSPEDALI BISOGNI ACUTI E RISULTATI CONCRETI
Accolti nella splendida cornice di Villa Pallavicini, a Roma, mercoledì 21 giugno abbiamo incontrato amici nuovi e di vecchia data, accanto a rappresentanti di imprese e istituzioni, per presentare le sfide più impellenti che affrontiamo ogni giorno in tre ospedali dei paesi più fragili in cui siamo presenti.
Accolti nella splendida cornice di Villa Pallavicini, a Roma, mercoledì 21 giugno abbiamo incontrato amici nuovi e di vecchia data, accanto a rappresentanti di imprese e istituzioni, per presentare le sfide più impellenti che affrontiamo ogni giorno in tre ospedali dei paesi più fragili in cui siamo presenti. Un’occasione per richiamare l’attenzione sui bisogni più acuti di crisi dimenticate e insieme osservare, attraverso i dati, i risultati concreti raggiungibili con un impegno continuo e condiviso.
All’incontro, realizzato in collaborazione con l’associazione Atheneum, hanno preso parte, tra gli altri, il Vice ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Edmondo Cirielli, la già direttrice dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù, Mariella Enoc, il direttore dell’ospedale pediatrico di Bangui il Dott. Jean Gody e il Prof. Alberto Mantovani, presidente della Fondazione Humanitas.
Con la moderazione di Giovanni Grasso, Consigliere per la comunicazione della Presidenza della Repubblica, ci siamo spostati dalla Repubblica Centrafricana al Sud Sudan fino ad arrivare all’Etiopia, un paese oggi fortemente in difficoltà, piegato da conflitti interni e da una crisi alimentare senza precedenti.
«I problemi, annosi, sono ora acuiti dalla guerra e dalla pressione russa che ha provocato un aumento drastico dei costi dell’energia, più facile da contenere per i paesi ricchi ma non per quelli fragili che affrontano di conseguenza anche una crisi alimentare». Ha voluto ricordare Giovanni Grasso.
«Con il Presidente Mattarella siamo stati in visita in alcuni paesi dell’Africa sub equatoriale, è un’area che sta conoscendo uno sviluppo molto forte, una demografia in forte crescita, ricche materie prime, vorrei che si iniziasse quindi a vedere all’Africa come una grande opportunità per l’intera comunità internazionale». Ha detto poi in chiusura, ricordando le parole di Pio XII “Con la guerra tutto è perduto, con la pace si può fare tutto”.
Ed è proprio un futuro di pace quello che perseguiamo e che, nel nostro piccolo, intendiamo realizzare attraverso interventi concreti e in stretta collaborazione con colleghi africani e autorità nazionali dei paesi in cui interveniamo, riservando un’attenzione particolare al tema della formazione dei giovani e delle giovani di questo continente. Un impegno condiviso dalle nostre stesse istituzioni che, come ricordato dal Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Cirielli, attraverso il Piano Mattei intendono ribadire la volontà di incentrare l’aiuto per l’Africa nella formazione delle risorse umane come leva di cambiamento all’interno dei sistemi sanitari nazionali.
«Ci tenevo moltissimo, oggi, ad essere qui presente. Come persona che crede fortemente nell’attività di Medici con l’Africa Cuamm oltre che come Vice Ministro, il mio dovere lo faccio attraverso gli atti ma oggi la mia presenza qui ha un valore umano». Ha dichiarato il Vice Ministro Cirielli in chiusura del suo intervento.
L’importanza delle risorse umane quindi, al centro del confronto per ribadire non solo la necessità di dotare le strutture sanitarie e i paesi di un numero maggiore di professionisti, ma soprattutto l’urgenza di qualificarli. È una priorità per la Repubblica Centrafricana e per l’ospedale pediatrico di Bangui. Un ospedale di terzo livello, l’unico specialistico del paese, 295 posti letto e un nuovo piccolo reparto di oncologia pediatrica. Lo staff ospedaliero conta 400 persone tra medici, paramedici e personale di servizio.
«Il numero di pediatri è in aumento perché la struttura è anche sede di una scuola di specialità dove il Dott. Gody, che ne è direttore, sta lavorando per creare un corpo di pediatri centrafricani». Ha detto Donata Galloni, responsabile dei progetti Cuamm al complesso pediatrico di Bangui. «Il personale però, anche quello paramedico, deve specializzarsi, la maggior parte di loro ha un livello basico di preparazione, non hanno diplomi professionali e così i medici e gli specialisti che sono ancora un numero irrisorio».
L’ospedale di Bangui lo scorso anno ha registrato numeri spaventosi: 4.000 visite ambulatoriali, 15.000 ricoveri e 2.200 interventi chirurgici. Numeri che dimostrano l’efficacia di un servizio di qualità ma che tuttavia non possono nascondere le sfide quotidiane a cui desideriamo dare risposta.
A seguire, la parola al Prof. Jean Gody direttore del complesso pediatrico di Bangui che ha esordito ringraziando e dicendosi profondamente commosso «nel vedere che ci sono degli europei, fuori dall’Africa che parlano del mio paese e guardano ai problemi del mio paese».
«I finanziamenti che riceviamo ci aiutano, dal punto di vista finanziario, a raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile ma cosa più importante è l’aspetto strategico quando questi finanziamenti sono in linea e rispettano le strategie del paese. Cuamm, Bambino Gesù e la Cooperazione italiana rispettano questo approccio e attraverso la nostra collaborazione ho potuto scoprire l’umanità dell’Italia, una cosa che l’Africa e gli africani apprezzano».
«Abbiamo chiamato il Cuamm per sostenere, non sostituire, i professionisti locali e le autorità e infatti questo ospedale è tutt’oggi un ospedale governativo e il professor Gody è nominato proprio dal governo. Questo è il modo, e ne sono convinta, per permettere presto ai medici africani di gestire in autonomia il loro ospedale e per rendere finalmente gli africani padroni del loro paese. Non lo sono mai stati, per tanti secoli, oggi è necessario che lo diventino». Ha detto Mariella Enoc già direttrice dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù, apripista nel sostegno all’ospedale centrafricano.
Non solo la Repubblica Centrafricana ma anche il giovane e fragile Sud Sudan al centro del dibattito.
«Un paese dove, si dice, “se non sei sfollato oggi, lo sarai domani”»
Ha esordito così Chiara Scanagatta responsabile Cuamm per la programmazione del Sud Sudan. Un paese vessato da inondazioni, guerre, conflitti tra clan, dove manca ancora tutto e dove «un intervento sanitario non è mai solo sanitario, ha una valenza sociale, politica e istituzionale molto molto forte» ha aggiunto Scanagatta ricordando l’apertura della scuola per ostetriche e infermieri di Lui nel 2014, una delle 3 scuole per ostetriche e infermieri sostenuta dal Cuamm che ogni anno, attraverso borse di studio annuali, supporta la formazione di giovani professionisti sanitari.
«Per certi versi è facile sostenere il Cuamm perché è capace di darsi degli obiettivi chiari, facilmente comprensibili e poi di raccontare qual è il livello di risultato che è stato in grado di raggiungere. Medici con l’Africa Cuamm fa questo rappresentandoci sempre un’Africa vitale, in cui è possibile lavorare sulla speranza se hai fiducia nelle persone. E credo che questo sia un grande insegnamento su come guardare l’Africa ma anche su come guardare al nostro futuro perché dentro alla fiducia per le persone, costruisci un futuro migliore per tutti» ha detto Giovanni Fosti già Presidente Fondazione Cariplo.
Ultima tappa in Etiopia, un paese enorme, 4 volte l’Italia, 110 milioni di abitanti e circa 80 etnie, nove regioni in cui il Cuamm è presente con programmi sanitari e dove conflitti etnici interni e carestie sono oggi le cause prime di un’emergenza umanitaria in continuo inasprimento.
«80.000 rifugiati ad ovest, nella regione di Gambella e 30.000 sfollati interni nella regione di Amara a Debre Berhan mentre la situazione nel sud è insostenibile a causa degli effetti della crisi climatica: alluvioni e carestie rendono difficili le condizioni di vita nella regione di South Omo». Ha detto Fabio Manenti, responsabile della programmazione Cuamm per l’Etiopia.
«L’ospedale di Wolisso, pietra miliare dell’intervento Cuamm nel paese, ha vent’anni. Venti anni fa era l’unico ospedale per più di un milione di abitanti, ora il governo ne ha costruiti altri 4 ma nonostante questo i numeri restano alti: oltre 60.000 visite, 10.000 ricoveri e 3.500 parti assistiti nel 2022. Questo ci ricorda che non possiamo interrompere ciò che stiamo facendo, al contrario serve rinnovare l’impegno, farlo nostro, di tutti. Un ospedale così non deve chiudere».
Un invito quindi ad andare avanti, a continuare, per raggiungere con pazienza dei risultati. Fare passi avanti, come ha ricordato il Professor Alberto Mantovani Direttore dell’Humanitas che di piccoli risultati è stato diretto testimone:
«nonostante il difficile periodo che, abbiamo visto, ha colpito duramente il contesto africano, io ho visto dei passi avanti. Ho visto che è possibile fare dei progressi seppure nuotando contro corrente, arrampicando su vie difficili. Lo possiamo fare portando avanti la ricerca e la formazione, facendole viaggiare insieme».
«Ho imparato da Don Dante che non dobbiamo essere compiacenti nel lavorare “con”, perché i problemi ci sono, ma è necessario imparare a lavorare con loro e poi condividere questo il più possibile con i nostri cittadini. Tornato dal mio viaggio in Uganda ho cercato di capire come poter fare questo come editore, attraverso i libri, per cercare di restituire quel tanto che abbiamo avuto». Così Giuseppe Laterza, editore di “Quello che possiamo imparare dall’Africa. La salute come bene comune”.
In conclusione, le parole e i ringraziamenti di Don Dante Carraro che ha voluto sottolineare l’importanza della ricerca e dei dati nella cooperazione ma anche il ruolo chiave delle collaborazioni che rendono possibile tutto questo.
«Quel sogno che vogliamo realizzare, per noi e per il continente africano, lo realizziamo solo se creiamo una squadra. Il sogno, come diceva Mattarella, di un continente verticale che unisce Europa e Africa separate dal “lago Mediterraneo”».