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Partire a tutte le età la testimonianza di Anna

Una testimonianza dal “cuore dell’Africa”: Anna è stata per 3 mesi come infermiera all’ospedale pediatrico di Bangui, in Repubblica Centrafricana.

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    Ma esiste un paese che si chiama Centrafrica? È questa una delle domande più frequenti che si sente rivolgere chi sceglie di partire per questo paese. Eppure è un paese grande due volte l’Italia, abitato da circa 5 milioni di abitanti e, come dice il nome, il paese si trova al centro del continente. In Sango, la lingua nazionale, il paese è infatti chiamato Be-Afrika, che significa proprio “il cuore dell’Africa”, ed è proprio nel cuore dell’Africa, all’ospedale pediatrico di Bangui, che Anna Gianpietri è stata per 3 mesi come infermiera.

    Saper partire

    “Ho 65 anni: tempo di verifica, di fare il punto. In questo tempo, tante situazioni nella mia vita sono cambiate. In questa fase di cambiamento mi sono ritrovata a pensare e a farmi molte domande. Ho riflettuto sui doni ricevuti, sul mio stato di salute e sul significato di una “vita donata”. Mi sentivo stretta nella mia vita ed è risuonato forte il desiderio di mettermi a servizio degli “ultimi”.

    L’occasione si è presentata incrociando di nuovo sul mio cammino Donata Galloni in partenza per la Repubblica Centrafricana. Alla domanda: “ci potrebbe essere bisogno di me in RCA?”, mi ha sollecitata a contattare lo staff del Cuamm a Padova che mi ha confermato la possibilità di andare “in osservazione e supporto” per tre mesi a Bangui.

    Sono partita il 15 febbraio. All’arrivo, ho trovato i giovani volontari del Cuamm consapevoli del proprio compito, svolto con tanta determinazione e dedizione. Ho sentito accoglienza e tanto rispetto, forse l’età e il mio atteggiamento richiamavano loro gli affetti lasciati a casa.”

    Saper donare

    “Vista la mia lunga esperienza professionale in chirurgia mi è stato chiesto di frequentare il reparto di chirurgia pediatrica. Questa è stata decisamente l’esperienza umana, professionale e spirituale più forte. Mi si è rivelata una realtà che non immaginavo. Bambini con fratture alle gambe, braccia, colonna, testa, per i motivi più vari, malformazioni o amputazioni causate da malaria, infezioni, osteomieliti, TBC ossee e molto altro ancora. Nonostante la sofferenza, questi bambini sorridono e sono sempre pronti a ricevere una carezza. Quando avevo un po’ di tempo, gli facevo visita e seppur febbricitanti e sofferenti, alla domanda “comment ça va?”, la risposta con un filo di voce era sempre: “ça va bien”. I bambini più grandi mostrano vera solidarietà fra di loro, aiutando gli amici in carrozzina ad uscire o a raggiungere l’uscita con le stampelle per cercare di recuperare qualche dolcetto per poi condividerlo.”

    Saper cambiare

    “L’arrivo del Coronavirus ha cambiato in parte i nostri progetti. La mancanza dei dispositivi di protezione e un contesto in cui il rispetto delle norme igienico sanitarie come sono intense in “Occidente” è molto complesso hanno determinato la preparazione e la realizzazione di attività di formazione per il personale sanitario sulla prevenzione e protezione.

    In tre settimane sono state sensibilizzati circa 300 operatori sanitari. È stato allestito un punto per lo screening di chi accompagna i bambini, con il controllo della temperatura e l’informazione sul Covid-19; sono stati disseminati all’interno dell’ospedale numerosi punti per il lavaggio delle mani e confezionate per tutto il personale le mascherine in cotone riutilizzabili. Sono stati preparati i dispositivi di protezione individuale per gli eventuali casi all’interno dell’ospedale. Sono stati realizzati messaggi radio per informare la popolazione su come proteggersi dalla malattia e all’interno dell’ospedale sono stati segnati gli spazi per mantenere le distanze di sicurezza.”

     

     

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