Locuste nel corno d’Africa Minaccia alimentare
Etiopia, Kenya e Somalia stanno affrontando un’invasione di locuste senza precedenti, che potrebbe andare avanti fino al 2023, mettendo a rischio già nei prossimi mesi le riserve di cibo di 20 milioni di persone, che già vivono in contesti estremamente fragili.

Vengono dalla penisola arabica, si sono diffuse in gran parte del corno d’Africa e sono una minaccia per l’agricoltura e l’allevamento. Le locuste del deserto si muovono in sciami che possono arrivare a 10 miliardi di esemplari, ognuno dei quali in un giorno può mangiare l’equivalente del proprio peso in vegetali. Seguono l’andamento del vento, percorrono anche 200 km al giorno e la loro proliferazione è legata anche ai cambiamenti climatici, oltre che all’instabilità politica e alla mancanza di risorse dei paesi in cui si diffondono.
Kenya e Somalia sono i paesi più colpiti, insieme all’Etiopia, dove negli ultimi giorni le locuste sono arrivate anche nelle aree di progetto di Medici con l’Africa Cuamm: Oromia e South Omo. Ma le locuste sono state avvistate anche in Uganda, Sud Sudan ed Eritrea, per citare solo i paesi africani.
«Le cavallette sono passate da Jinka, il capoluogo regionale – racconta Francesca Montalbetti, capo progetto di Medici con l’Africa Cuamm in South Omo, Etiopia – ma non si sono fermate in città. L’amministrazione aveva suggerito di tenere dei fuochi accesi per tenerle lontane con il fumo e pare aver funzionato. Fuori dalla città, sembra che le cavallette abbiano colpito maggiormente le aree di Malle, Salamago e Bannatsemay. C’è da dire che quest’anno i raccolti avevano già sofferto della stagione stranamente eccessivamente piovosa, quindi non saprei quanto i danni per le future scorte saranno imputabili all’una o all’altra causa».
Come riportano Reuters e BBC, sembra che siano state proprio le abbondanti piogge, causate da un’insolita stagione dei cicloni tra la fine del 2018 e l’inizio del 2019 nell’area del Mar Rosso e nella Penisola Arabica, ad aver favorito la nascita degli sciami di locuste, che da lì hanno cominciato a spostarsi verso l’Africa e l’Asia. Le piogge infatti fanno aumentare le aree verdi, che creano la condizione ideale per la proliferazione delle locuste del deserto, che sarebbero insetti solitari e non pericolosi per l’ecosistema. Se però la loro concentrazione in un’area supera una certa soglia, queste si organizzano in sciami e cominciano a muoversi in aree molto ampie, in cerca di cibo.
L’unico modo per contenere l’emergenza, ora, è usare i pesticidi, con rischi imprevedibili sulla salute della popolazione e dell’ambiente. Il problema è che i paesi in cui si stanno diffondendo, molto spesso, non hanno i mezzi per diffondere i pesticidi in maniera efficace. L’Uganda sta impiegano l’esercito, ma servono aerei, sistemi di rilevazione e modelli matematici che prevedano gli spostamenti delle locuste in funzione del vento e delle condizioni ambientali. Non è un caso che i primi sciami vengano proprio dallo Yemen, dove è in corso una guerra civile, o che si stiano sviluppando in maniera più consistente in Somalia, un altro paese altamente instabile: la situazione politica incerta e l’insicurezza hanno impedito di affrontare il problema per tempo, con conseguenza a livello globale.
La FAO prevede infatti che l’emergenza potrebbe andare avanti almeno fino al 2022 o 2023, con sciami che potrebbero arrivare fino in Sudan e, dal Pakistan, anche in Cina.
Immagine archivio FAO.