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Crescono le morti da Tubercolosi E’ la prima volta dopo più di 10 anni

Allarme dell’ Organizzazione Mondiale della Sanità: l’aumento registrato è uno degli effetti secondari della pandemia di Covid-19.

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    La Tubercolosi è un male silenzioso, subdolo. Non ti accorgi quando la prendi. Comincia con una leggera tosse, che poi aumenta, si associa a una febbricola e alla perdita di peso. Inizi a preoccuparti quando, tossendo, sputi anche sangue. Non c’è la percezione del pericolo che porti, il pericolo di infettare le persone che hai accanto. Nel contesto africano il quadro si complica ulteriormente.

    Nel 2020 1,5 milioni di persone nel mondo sono morte di Tubercolosi. Per la prima volta, dopo più di 10 anni, le morti a causa di questa malattia registrano un aumento. È L’Organizzazione mondiale della Sanità a richiamare l’attenzione su questo tema. Il motivo? Ancora una volta si tratta di uno degli effetti secondari di questa pandemia di Covid-19 che ha spezzato tante vite e che continua a impattare duramente su tutti noi. A causa della pandemia, l’accesso alle cure è diminuito, in tutti i paesi; a causa della pandemia l’economia ha subito forti arresti e ritardi; a causa della pandemia la gente ha perso il lavoro… Tutto questo, ma in modo molto più pesante, è successo e sta succedendo in paesi poveri come quelli dell’Africa sub-Sahariana in cui opera il Cuamm.

    «Secondo l’Oms il numero di diagnosi di malati di Tb è diminuito da 7,1 milioni nel 2019 a 5,8 milioni nel 2020 – afferma Fabio Manenti, responsabile Progetti di Medici con l’Africa Cuamm –. È un numero davvero importante. Nel nostro piccolo, lo abbiamo visto anche negli ospedali in cui operiamo. In tutti i 23 ospedali degli 8 paesi in cui è presente il Cuamm, si fa diagnosi e cura della Tb, ma nell’ultimo anno, gli accessi agli ospedali sono diminuiti, ovunque. La gente ha paura di andare in ospedale a causa del Covid-19. In generale l’accesso ai servizi diagnostici è diminuito, minori sono anche le diagnosi di co-infezione Tb-Hiv e poi c’è il grave problema dell’abbandono della terapia. La Tubercolosi si può curare, se presa in tempo, e se il paziente “aderisce” alla terapia per tutto il tempo prestabilito, che è di 6 mesi almeno. Ma siccome mediamente dopo 2/3 mesi un malato già si sente meglio, spesso non completa la terapia. Se uno non è guarito e interrompe la terapia rischia di sviluppare recidive e resistenza agli antitubercolari. Ancor di più, in un periodo in cui i vari lockdown hanno bloccato gli spostamenti in tanti paesi, le merci non circolavano, arrivava meno cibo. Si è registrato un generale impoverimento che ha colpito, come sempre, i più poveri, ovvero le fasce che generalmente si ammalano di più».

    Ancor di più, alla luce dei dati di oggi, continua l’impegno del Cuamm per limitare, dove possibile, i tanti effetti secondari di questa pandemia, anche combattendo la Tb.

    «In Angola, per esempio, stiamo realizzando un progetto di integrazione della diagnostica Tb-Hiv e stiamo avviando il sostegno a 3 ospedali nella capitale Luanda. Allo stesso tempo, siamo impegnati nella formazione del personale, sempre in merito alla diagnostica Tb-Hiv, nell’area del Cunene a Chiulo – prosegue il dott. Manenti –. In Uganda, nella regione della Karamoja, abbiamo un intervento a livello regionale, di supporto alla diagnostica e alla ritenzione in terapia con una componente per la Tb resistente soprattutto nell’ospedale di Matany. Una delle problematiche principali è il trattamento del paziente con Tb-resistente. Ormai in molti ospedali c’è una nuova tecnologia per la diagnosi che si chiama Gene-Xpert. Grazie a questa si trovano anche i malati resistenti agli antitubercolari, ma si tratta di pazienti complessi che vanno incontro a una terapia che dura 2 anni con farmaci molto pesanti che comportano importanti effetti collaterali, tra cui anche la cecità. Sono pazienti, quindi, che devono essere doppiamente seguiti, perché possono diffondere la malattia in una forma che non risponde alle normali terapie».

    Il lavoro di Medici con l’Africa Cuamm prosegue, con maggiore energia e determinazione, per cercare di non fare ulteriori passi indietro nella lotta alla tubercolosi.