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LA PANDEMIA DI COVID-19 è SALUTE GLOBALE

Povertà e diseguaglianza amplificano i problemi causati dalle malattie a da questa epidemia in Italia come in Africa.

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    La pandemia che stiamo vivendo ci ha dimostrato che la salute deve essere intesa in modo globale e che povertà e disuguaglianza amplificano i problemi causati dalle malattie e da questa epidemia. Di questo ha parlato Giovanni Putoto, Responsabile programmazione Cuamm, nell’intervista andata in onda il 17 agosto con Luca Tancredi Barone su Radio3 Scienza.

     Che cosa avete osservato dalla prima linea lavorando in questi paesi? Come ha cambiato la situazione di quotidiana difficoltà che dovete affrontare?

     Quando Covid-19 è arrivato nei paesi dove lavoriamo l’impatto è stato immediato sui servizi, le strutture e gli operatori sanitari, che si sono trovati sguarniti di fronte a questa minaccia infettiva. Infatti la disponibilità e l’uso dei dispositivi di protezione individuale era, ed è tutt’ora, estremamente scarsa. La mancanza di strumenti che abbiamo vissuto noi in Italia ad inizio pandemia, in Africa è moltiplicato all’ennesima potenza. La prima reazione è stata di grande paura, sia da parte degli operatori sanitari che da parte della popolazione. Questo si è tradotto per esempio in un crollo dei parti del 40% in Sierra Leone al Princess and Christian Maternity Hospital, perché le donne incinta non vanno a partorire nei centri o non portano i bambini a farsi vaccinare per paura del contagio. La stessa cosa in Etiopia dove abbiamo registrato un crollo dei pazienti ambulatoriali e dei degenti.

    Lei ha scritto recentemente un articolo nella rivista del Cuamm “Salute e sviluppo” sugli elementi che hanno permesso ai sistemi sanitari in alcuni contesti molto fragili, come per esempio in Sierra Leone, di reggere l’impatto dell’epidemia di Ebola. Quali sono gli elementi e che cosa possiamo imparare dal passato perché anche oggi questi sistemi sanitari possano reggere?

     La lezione che l’ebola ci ha insegnato è che è fondamentale lavorare assieme alle autorità locali perché hanno conoscenza diretta dei problemi, del personale e delle risorse che hanno a disposizione e che è importante sostenere il lavoro quotidiano degli operatori sanitari che continua anche in altri ambiti, che non sono strettamente legati all’epidemia. È inoltre importantissimo il coinvolgimento della comunità che accetta di cambiare dei comportamenti fondamentali come l’isolamento. Questo è un processo che non avviene immediatamente e quindi bisogna avere una grande capacità di attenzione e di dialogo con le comunità africane, perché il loro contributo è essenziale. Infine sono essenziali la ricerca e una raccolta sistematica dei dati per vedere gli effetti indiretti dell’epidemia, come il crollo delle vaccinazioni o degli accessi per le patologie ordinarie materno-infantile, le malattie infettive endemiche, quelle croniche e l’aiuto internazionale perché in questi paesi non ci sono forme di protezione sociale. La Banca Mondiale si aspetta che l’impatto sociale-economico colpirà in maniera particolarmente negativa i più poveri con un aumento da 70 a 100 milioni di persone che precipiteranno in povertà estrema e 250 milioni di persone che entreranno in uno stato di fame.

    Lei vede qualche elemento di speranza? Qualche lezione imparata in questi mesi di pandemia?

    Io penso di sì. Una prima lezione deriva proprio dal comportamento di alcuni paesi africani che hanno accettato di adottare misure difficili di lockdown. Questo probabilmente ha contribuito in parte a contenere la diffusione del virus in Africa. La seconda lezione che vedo è quella che citavamo prima che è quella dell’Ebola: utilizzare tutte le risorse sul campo, anche con l’aiuto internazionale, per fare in modo che i servizi essenziali, primari, della popolazione come quelli che abbiamo citato, dalle vaccinazioni, agli altri, possano continuare ad esserci ed essere addirittura rinforzarti. Terzo, è fondamentale dire che l’Africa nel corso degli ultimi mesi ha migliorato comunque la sua capacità diagnostica rispetto all’inizio, se la sosteniamo in attesa che arrivi il vaccino veramente universale, poter testare, rintracciare e isolare le persone che sono portatrici del coronavirus anche in Africa sarà un contributo importante.

     

    Ascolta l’intervista su Rai3 Scienza