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La forza del sì del Professor Giovanni Baruffa

Si è spento ieri 12 gennaio nella sua casa a Pelotas in Brasile il professor Giovanni Baruffa, uno degli storici “apripista” della missione del Cuamm nel continente africano.

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    Si è spento ieri 12 gennaio nella sua casa a Pelotas in Brasile il professor Giovanni Baruffa, uno degli storici “apripista” della missione del Cuamm nel continente africano. Nato a Casoni di Mussolente in provincia di Vicenza il 24 marzo del 1927, nel luglio 1955 si imbarca su una nave bananiera e salpa per la Somalia diretto a Gelib, una missione francescana in mezzo ai pastori nomadi, dove sarebbe rimasto fino al 1958 per passare poi all’ospedale di Giohar dove presta servizio per sette anni, fino al 1965. Lui stesso ricordava: «Alla domanda del professor Canova se ero disposto ad andare ad occuparmi di un lebbrosario, risposi affermativamente». Così amava definirsi: «Sono l’uomo dei tre sì alla chiamata di Canova». Le domande erano: partiresti per l’Africa? Partiresti subito? Saresti disposto a occuparti di un lebbrosario? La semplicità della suo “sì” non aiuta a farsi la giusta idea di quanto isolate fossero le mète, di quanto enormi le distanze e da quanto lontano giungessero alle famiglie lettere e fotografie, come quella in cui Giovanni Baruffa sorride, in testa un casco di foggia coloniale, accanto ai bambini del lebbrosario. Una scelta professionale e cristiana a servizio dei più poveri che lo sprona nella sua seconda missione, quando nel 1966 accetta di spendere la sua passione per la conoscenza e la ricerca a favore dei giovani, diventando docente di Malattie infettive e tropicali all’Università Cattolica di Pelotas e dal 1967 di Rio Grande, sempre in Brasile e in seguito anche in Antropologia culturale. Don Dante Carraro così lo ricorda: “Giovanni Baruffa, ha insegnato per molti anni nel corso di formazione base del Cuamm e sapeva affascinare, con una capacità rara di affabulazione: i casi clinici di cui racconta­va con incredibile passione e coinvolgimento diventavano in qualche modo anche parabole esistenziali. Si dedicava alla ricerca in modo rigoroso, raccoglieva e confrontava dati, accumulava pubblicazioni, non tanto per orgoglio di accademico, quanto per fare luce su questioni sa­nitarie che, nelle aree depresse del mondo, rischiano di essere sottovalutate e sottostimate”. Ha ricevuto varie onorificenze e ha pubblicato lavori scientifici su malattie tropicali e su riviste di medicina sia brasiliane che internazionali. Un esempio luminoso, un insegnamento che Medici con l’Africa Cuamm continua a fare proprio. Dall’Italia all’Africa al Brasile è grande il grazie a questa figura che è stata di grande ispirazione per tutti coloro che hanno avuto la grazia di essere suoi colleghi ed amici.