Medici con l'Africa Cuamm

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Francesco Canella Il ricordo di don Dante

Il Cuamm ricorda con stima e affetto Francesco Canella, un grande uomo che ha saputo condividere con i più poveri e lontani, in Africa, il bene che ha ottenuto, con impegno e grande intuito, nella sua vita. Nelle parole di don Dante, il ricordo e il grazie più sincero.

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    «E’ una lunga storia di collaborazione che dura da circa 20 anni, quella tra il Cuamm e Alì. Sono tanti anni che ci conosciamo e che Alì ci sostiene credendo fortemente nel lavoro del Cuamm in Africa, per la salute dei più poveri e, insieme, per dare opportunità di crescita ai giovani africani. Ogni anno, Alì ci dona un’importante fetta della raccolta punti fatta attraverso il loro catalogo, ogni anno non ci fanno mancare il loro appoggio. È stata una scelta fatta da Francesco, poi confermata dai figli Marco e Gianni e anche dai nipoti – afferma don Dante Carraro, direttore di Medici con l’Africa Cuamm –. Negli anni, Francesco è diventato un grande amico, quasi un fratello maggiore, un padre nobile. Ogni volta che ci incontravamo si parlava di Africa, mi chiedeva come era la situazione, era curioso, voleva sapere e conoscere la realtà e il nostro lavoro.  Con il suo sguardo magnetico e i suoi occhi così profondi e decisi, mi diceva due frasi che terrò sempre nel cuore: “Mi raccomando, non mollare. Bisogna andare avanti, perché quello che fate è tanto importante”. E aggiungeva sempre: “Don Dante, sappi che noi ci siamo e se te ghe qualche dificoltà particoare, dimeo che vedemo de afrontarle”.

    E continua: «La nostra amicizia è cresciuta ed diventata una relazione famigliare. Andavo sempre alle feste che lui e l’inseparabile Rossella organizzavano per Natale e sempre mi voleva seduto accanto a lui. Un gesto che mi suscitava grande onore e riconoscenza. Tanta la stima e l’affetto che ho avuto per Francesco Canella e, insieme a lui, per tutta la sua famiglia.  Era un uomo di sostanza e lo ha trasmesso a chi gli era vicino.

    Ricordo quando, ogni tanto, la sera passeggiando per il centro di Padova, insieme alla moglie, veniva fino al Cuamm, si sedeva sulle panche che abbiamo nell’androne e mi chiamava. Così scendevo ci raccontavamo come andava la vita, anche solo per una manciata di minuti. Un saluto, uno scambio, una parola, come in famiglia».