Medici con l'Africa Cuamm

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Il valore delle periferie

Dal 2016 Casa Sankara offre ai lavoratori agricoli africani una realtà alternativa ai ghetti, dove progettare un percorso di inserimento nella società, contro ogni forma di caporalato.

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    «Adam è un regista cinematografico, Lamine un sarto, Habib ha un passato da cuoco del presidente del Camerun. Gli ospiti di Casa Sankara oggi sono braccianti, ma ognuno di loro porta sulle proprie spalle uno zaino pieno di cose che aspettano soltanto di poter uscire». Con le parole di Hervé Latyr Faye, 55enne originario del Senegal e presidente di Casa Sankara, ha preso avvio il Comitato dei Gruppi territoriali di Medici con l’Africa Cuamm, il periodico incontro di amici e volontari dei diversi gruppi di appoggio. Un’immersione in una realtà lontana, spesso invisibile, eppure naturale punto di contatto tra l’Italia e l’Africa, i nostri abituali contesti di vita e le periferie geografiche ed esistenziali.

    Siamo nel Foggiano, a San Severo, dove nel 2016 nasce una foresteria per offrire ai lavoratori agricoli africani un tetto dignitoso, una realtà alternativa ai ghetti, dove progettare un percorso di inserimento nella società. Contro ogni forma di caporalato, come anticipa il grande dipinto murale all’ingresso della struttura, che riproduce il monito di Thomas Sankara: “Lo schiavo che non prende la decisione di lottare per liberarsi merita le sue catene”. Un imperativo forte, ma determinante e che quotidianamente i migranti di Casa Sankara cercano di mettere in pratica. È loro il marchio “R’accolto”, lanciato nel 2020 per promuovere una linea di pelati coltivati nel terreno della foresteria di San Severo, così come l’etichetta di abbigliamento “Il mare dentro”. Con il sostegno della Regione Puglia, Casa Sankara ora accoglie quasi 500 persone nella stagione clou della raccolta di frutta e verdura.

    «Quando il progetto ha preso il via grazie a noi di Medici con l’Africa Cuamm – racconta Marcella Schiavone, medico – disponevamo soltanto di un saturimetro e di poco altro. Adesso abbiamo anche un ecografo, ma c’è ancora molta strada da percorrere insieme!».

    Gli ospiti di Casa Sankara sono di 13 nazionalità differenti, con prevalenza di giovani provenienti dal Senegal e dal Gambia, di religione musulmana. Ma qua soltanto il dialogo fa da maestro. I cristiani hanno contribuito alla nascita di una piccola moschea all’interno della foresteria, «come succede in Senegal, dove esiste un unico cimitero per tutte le fedi», ricorda Hervé. Gli ospiti soffrono della sindrome da affaticamento, soprattutto durante il Ramadan, di malattie croniche, come l’ipertensione, di ferite da lavoro; non sono mancati casi di tubercolosi e di carcinoma alla tiroide.

    «Il nostro impegno ha un obiettivo chiaro – avverte Lucia Raho, assistente legale – non siamo qui solo per erogare farmaci, ma per far sì che il lavoratore africano entri nel sistema sanitario italiano, abbia la propria tessera sanitaria, goda del diritto di accesso alle cure, come tutti i cittadini».

    Un racconto corale quello di venerdì mattina a Casa Sankara, che si è chiuso con un pranzo in musica tra operatori, volontari Cuamm, Adam, Lamine, Habib e tanti altri amici con cui camminiamo per dare un futuro ai figli dell’Africa, che sono anche i nostri.

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