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Vite sospese

27 aprile – C’è sempre una fila di persone che aspettano la consegna del cibo. I cellulari squillano di continuo, con ogni richiesta possibile. A noi, rimane la sensazione di una società che vuole resistere e si ostina a vivere in modo quasi normale, ma allo stesso tempo, è pronta a ogni cambiamento, in peggio.

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    «Un giorno è arrivato un anziano, zoppicava, non aveva nulla con sé, solo una giacca e i suoi documenti, nessun altro bene da casa. E poco dopo, un’altra donna, anziana anche lei. Senza indumenti per un cambio, solo quello che indossava, unico ricordo della sua casa e della sua vita precedente, un coniglietto che non ha avuto il coraggio di abbandonare». Si emoziona Alina, preside della scuola “Numero 1”, a Chernivsti, mentre ci racconta queste storie e ci mostra come, nel giro di poche ora, ha trasformato la scuola elementare e media che dirige in un dormitorio per circa 60 persone. Pian piano ci fa capire quello che dietro a una certa freddezza, a un’organizzazione ordinata e ben strutturata, dietro a quella apparente calma, c’è il dramma enorme di un popolo, di chi da un giorno all’altro ha perso tutto, i propri cari, la casa, il lavoro… in una parola, la pace. Allo stesso tempo, si percepisce fortissima la voglia di resistere e di non arrendersi. Arriviamo nella palestra della scuola. Qui, grazie all’abilità di un falegname, sono stati costruiti dei letti, unendo due pallets e trovando dei materassi di fortuna. All’ingresso, dipinta sul pavimento un’enorme bandiera gialla e blu ci accoglie. Una nazione, un’identità, una patria che ciascuno difende come può. Nel dormitorio nessuno si lamenta, le persone parlano poco, stanno lì con queste vite sospese. Chiudiamo la visita andando a vedere il bunker predisposto nelle cantine della scuola. Sotto questo grande edificio austro-ungarico, un rifugio anti-bombardamento per circa 200 persone. Tutto è pronto nell’attesa che qualcosa succeda e cambi.

    Torniamo nella sede di VRB, l’associazione che come Cuamm stiamo supportando. C’è sempre una fila di persone che aspettano la consegna delle buste con il cibo. I volontari sono molto indaffarati. I cellulari squillano di continuo, con ogni richiesta possibile. A noi, rimane la sensazione di una società che vuole resistere e si ostina a vivere in modo quasi normale, ma allo stesso tempo, è pronta a ogni cambiamento, in peggio.

    Andrea Atzori, responsabile Relazioni Internazionali di Medici con l’Africa Cuamm

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