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Con le valigie pronte e le auto piene

5 maggio – Un clima cupo. Una tensione palpabile. La preoccupazione che permea ogni istante della giornata. In attesa di capire cosa succederà il 9 maggio. Nella speranza che la Moldavia, con la situazione della Trasnistria, non sia il prossimo obiettivo.

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    “Viviamo con le valigie pronte e le auto piene di taniche di carburante. Sempre pronti. Al peggio”. Sono le parole e i pensieri di chi vive a Chisinau. Sono stato lì alcuni giorni fa per toccare con mano il lavoro e i bisgoni. Cosa ho trovato? Un clima molto cupo. La gente è preoccupata e vive in modo molto precario. La tensione che si percepisce è alta, soprattutto perché negli ultimi giorni sono accaduti dei fatti violenti nella regione della Trasnistria, questa sottile striscia a est lungo tutto il confine che separa la Moldavia dalla Ucraina. Una zona che dista meno di 2 ore da Chisinau. Regione che si è dichiarata indipendente, senza essere mai riconosciuta da nessuno, dove si parla il russo. Ci sono stati degli attentati, è stato fatto saltare un ponte strategico per le comunicazione e la logistica con Odessa.

    Si teme che dopo l’Ucraina, i russi volgano i loro interessi di conquista a questo Stato, piccolo e povero. Con meno di 3,5 milioni di abitanti, uno stipendio mensile medio che si aggira intorno ai 300/400 euro al mese, in caso di attacco, la Moldavia può resistere solo poche ore. Ha una esercito di 4.000 uomini. Mentre in Transnistria ci sono 1.500 soldati russi già ora. Considerata la fragilità del paese, sta facendo quanto può. Non ha risorse, non ha strutture, non è attrezzata come la Romania e la Polonia. Dipende in tutto e per tutto, per esempio, dal gas russo. L’altra grande preoccupazione è che l’intensificarsi della guerra porti un flusso incontrollabile di profughi. Ne sono transitati già mezzo milione per la Moldavia, se ne sono fermati circa 100.000, ospitati da famiglie del posto. E’, quindi, difficile raggiungerli e capire quali sono i bisogni sanitari reali. Sono pochi i centri di accoglienza, c’è scarsa assistenza di base che prevede solo formule private o pubbliche, non esiste un terzo settore che offre un sostegno e un appoggio.

    Come Cuamm stiamo lavorando. Ci sono un medico e un’infermiera. In collaborazione con la diocesi di Chisinau, in un piccolo ambulatorio vicino a un centro di accoglienza, forniamo una prima assistenza di base. I nostri si sono spinti anche fino a Palanca, la frontiera a sud, dove c’è il maggior flusso di profughi. L’intenzione è quella di fare di più, per quanto possibile.

    Giovanni Putoto, medico Cuamm.

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