Un passo avanti per l’inclusione
Dal Mozambico, il racconto di Marise, Jpo, sulle sfide nell’inclusione e accessibilità alle cure per le persone con disabilità

«Ah, quando piove… il trasporto manca, non esiste». Salita è una paziente del centro di salute di Moamba, in Mozambico. Da oltre un anno e mezzo, affronta ogni settimana un percorso difficile, tra strade dissestate e mezzi pubblici inadeguati, per accedere alla fisioterapia. «Vengo qui, nonostante le difficoltà che ho, ma manca l’attrezzatura. Mancano tante cose. Non c’è una bicicletta per la mia riabilitazione» racconta. Eppure non si arrende e soprattutto ha grande fiducia nel personale sanitario che incontra: «Conosco persone che vengono qui, che prima non potevano nemmeno camminare, ma ora ci riescono. Sono bravi qui, perché danno il massimo in tutto, fanno davvero il possibile. E se non vengo, mi chiamano per sapere che succede, se va tutto bene».
Il Cuamm, in Mozambico, è al fianco di Salita e di tante altre persone che lottano ogni giorno per vedere rispettato il diritto universale alla salute. Ma il tema della disabilità è spesso ancora un tabù.
«Parlare di “disabilità” significa riconoscere una condizione, non una malattia – scrive Marise, Jpo in servizio a Maputo con il Cuamm. – Una condizione che può migliorare se si mettono a disposizione strumenti adeguati, se si formano operatori sanitari preparati e se si coinvolgono le comunità. In tutto il mondo il personale sanitario fatica a relazionarsi con le persone con disabilità. Lo vediamo anche in Europa, quanto lo stigma sia ancora pesante».
È in questo contesto che nasce Inclu.de – Inclusione per lo sviluppo_Lot2, progetto finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, in partenariato con AIFO-Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau ETS e ARCO PIN- Action Research for CO-development. Il lavoro sul campo, iniziato a giugno 2024, si concentra su accesso ai servizi, riabilitazione e formazione del personale. A guidare l’intervento, un approccio fondato sui diritti umani e sulla partecipazione attiva delle persone con disabilità e delle loro famiglie.
Durante le prime visite nei centri di salute di Moamba e Sabie, nel distretto di Maputo, sono emerse criticità strutturali e organizzative: spazi inadeguati, attrezzature ormai usurate, edifici non accessibili. Si parla di difficoltà anche banali ma, senza un intervento, insormontabili, come porte troppo strette per il passaggio di una carrozzina. Dal 2022, nel centro di Sabie sono stati fatti dei lavori che ne hanno migliorato l’accesso, ma le difficoltà logistiche – strade impraticabili, piogge, mancanza di trasporti – trasformano ancora ogni visita in un’impresa. E i pazienti spesso vengono dirottati a Moamba.
«Esistono barriere di ogni tipo – scrive Marise – incluse quelle socio-culturali. Lo stigma verso le persone con disabilità genera esclusione e marginalità. È lì che vogliamo intervenire».
Il Cuamm, insieme ai suoi partner, lavora per formare professionisti sanitari e attivisti locali, migliorare la comunicazione – anche con strumenti per la lingua dei segni – e diffondere una cultura dell’inclusione che arrivi fino alle periferie più remote, all’ultimo miglio.
A giugno 2024 il Mozambico ha promulgato una nuova legge, la Lei 10/2024, che richiama la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità. L’articolo 22 garantisce il diritto alla salute e all’accesso alla riabilitazione. Una svolta importante, ma ora la sfida è dare attuazione concreta a questi diritti.
«Essere qui, in Africa, in Mozambico, e lavorare proprio a questo progetto, per me vuol dire realizzare un sogno. Sto imparando tantissimo – conclude Marise – sulla gestione dei progetti e sulla forza della collaborazione con gli attori locali. Anche io sono una persona con disabilità, e questo percorso mi sta aprendo gli occhi. Con una riabilitazione efficace, una persona può tornare a vivere, lavorare, sentirsi parte. Sentirsi vista e compresa per quello che è: un essere umano».