Giornata del Rifugiato Oltre i conflitti, per la salute
Ogni giorno, nei Paesi in cui operiamo, tocchiamo con mano le conseguenze che subiscono le persone costrette a lasciare la propria casa e la propria terra in seguito a guerre, persecuzioni e violenze.

Centoventi milioni. Sono le persone nel mondo costrette a fuggire dal proprio paese a causa di guerre, persecuzioni e violenze. A dirlo è l’ultimo rapporto dell’Unhcr, pubblicato in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato che ricorre il 20 giugno. Un numero che è raddoppiato negli ultimi dieci anni, in seguito all’acuirsi di conflitti e instabilità.
L’incremento più importante riguarda chi lascia la propria casa, ma rimane nel proprio Paese con 68,3 milioni di persone (IDPs). Sono 43,4 milioni, invece, i rifugiati e le altre persone bisognose di protezione internazionale, sotto il mandato dell’Unhcr e dell’Unrwa, che si trovano in Paesi diversi da quello d’origine. Di queste il 75% vive in Stati a basso e medio reddito, molto spesso in condizioni di estrema vulnerabilità.
Ogni giorno, nei Paesi in cui operiamo, tocchiamo con mano le conseguenze che subiscono le persone che non hanno altra alternativa se non fuggire per salvare la propria vita e tentare di costruirsi un futuro migliore. Sono paesi come il Sud Sudan, dove è in corso la più grande crisi di rifugiati del continente africano, come il Mozambico, in cui dal 2017 continuano le ondate di violenze, come l’Etiopia messa a dura prova anche dal conflitto nel Tigray. Ma anche come l’Ucraina, dove oggi si contano circa 5 milioni di sfollati interni a causa di una guerra che non accenna a fermarsi con bisogni umanitari sempre più pressanti.
Di fronte a queste situazioni, di crisi cronica o di pura emergenza che compromettono diritti fondamentali come quello alla cura, operiamo su 4 linee di intervento: accesso ai servizi sanitari con focus sui gruppi più vulnerabili, mamme e bambini attraverso visite ambulatoriali e prenatali, vaccinazioni e assistenza al parto; fornitura di farmaci e materiale sanitario; formazione degli operatori locali e educazione e advocacy su temi di salute preventiva e igiene. Lo facciamo senza dimenticare la collaborazione con le autorità locali, elemento cardine per il rafforzamento della capacità di resilienza dei sistemi e delle comunità.
La risposta del Cuamm
Mozambico: la situazione a Cabo Delgado, nel nord del paese, continua a essere particolarmente tesa e difficile. Le continue violenze, perpetrate dai gruppi armati, hanno messo in difficoltà 1,6 milioni di persone, tra cui 830.000 sfollati interni (IDPs). Tra loro, molte donne e bambine vittime di violenza di genere. Medici con l’Africa Cuamm offre servizi di salute mentale ma anche assistenza legale alle vittime di violenza di genere, accogliendo anche in spazi di protezione e supportando programmi di microcredito per accompagnarle verso un cammino di ripresa e autonomia.
Sud Sudan: secondo un rapporto dell’Unhcr, quella del Sud Sudan è la più grande crisi di rifugiati del continente africano e la terza peggiore al mondo. Oggi circa 2,4 milioni di rifugiati sud sudanesi sono ospitati dai paesi confinanti, e 2,2 milioni sono invece sfollati interni. Da oltre un anno, inoltre, il paese accoglie migliaia di profughi in fuga dalla guerra nel vicino Sudan. Il 91% di questi sono sud sudanesi scappati in passato e ora costretti a rientrare. Con il sostegno a 103 strutture sanitarie e 4 ospedali situati in altrettante regioni del Paese, i medici del Cuamm cercano di portare aiuto alla popolazione di questo paese fragilissimo offrendo servizi medici di base ma soprattutto garantendo la salute materno-infantile attraverso visite prenatali, parti assistiti e visite pediatriche.
Etiopia: è il secondo paese africano per numero di rifugiati ospitati, sono più di 1 milione e provengono principalmente da Sud Sudan, Somalia e Eritrea. Nella regione di Gambella, al confine con il Sud Sudan, il Cuamm opera nei campi rifugiati di Ngueneyyiel, Jewi e Tierkidie supportando strutture sanitarie per garantire servizi medici di base e di recente ha rinnovato l’impegno a intervenire in Tigray, in particolare nella Eastern Zone e nella zona di Shire, dove si concentrano oltre 500.00 sfollati e dove gran parte delle strutture sanitarie è andata distrutta a causa del conflitto in corso.
In parallelo, il lavoro continua anche a Debre Berhan, nella regione Amhara dove, secondo i dati Ocha, si sono rifugiati circa 200.000 sfollati, soprattutto provenienti dalla regione dell’Oromia. La maggior parte di loro vive con la comunità, ma molti si sono concentrati in centri di accoglienza che hanno bisogno di tutto, dai servizi sanitari a quelli nutrizionali.
Uganda: è il paese africano che accoglie più rifugiati, ben oltre 1,5 milioni, circa l’81% sono donne e bambini. Divenuto quasi un modello di accoglienza e integrazione nel continente, nel Paese il 3,6% della popolazione è rappresentata da rifugiati. Qui il Cuamm opera nella regione nord-occidentale del West Nile con un intervento sanitario che prevede servizi chirurgici oculari, attraverso cliniche mobili, ma anche servizi di salute materno-infantile e gestione di emergenze ostetriche.
Ucraina: con il cuore in Africa, allo scoppio di una guerra alle porte di casa, Cuamm si è attivato per portare aiuto in un paese dove si contano oggi oltre 5 milioni di sfollati interni e 5,8 milioni di rifugiati. Di questi, il 60% sono donne, il 27% sono minori e il 48% sono persone che vivono con disabilità. Da un primo impegno focalizzato sulla città di Chernivsti, al confine con la Romania, l’intervento del Cuamm è cresciuto fino ad interessare oggi 30 strutture ospedaliere in 5 diversi Oblast supportati attraverso la fornitura di farmaci, materiale sanitario, cibo, abbigliamento e l’erogazione di servizi di supporto psicologico alla popolazione.
Moldavia: dal 24 febbraio 2022, quando è scoppiato il conflitto, oltre un milione di rifugiati ha attraversato il confine in cerca di rifugio in Moldova, uno dei paesi più fragili d’Europa. L’impegno di Cuamm nel paese è iniziato nell’aprile 2022 nella capitale Chişinau. Da allora, e in stretta collaborazione con il Ministero della Salute e l’Oms, l’intervento è stato guidato dal duplice obiettivo di fornire assistenza medica di base nei Centri di Accoglienza per Rifugiati (CAR) e offrire formazione specifica al personale medico locale sulle emergenze neonatali.