Medici con l'Africa Cuamm

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Degli smartphone in Angola

Un annuncio sui social network per aiutare il padre, medico partito con il Cuamm in Angola per un’esperienza di un anno. Un pediatra di Fabriano che oltre alle sue competenze ha portato a Chiulo degli smartphone per migliorare la comunicazione con i colleghi sul campo, per velocizzare le diagnosi e stringere amicizie.

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    “Lo vedete questo? È mio Padre e da tre mesi ormai lavora come Dottore in Angola angola
    Visto che non è un tipo social, ed i suoi amici al massimo hanno un Nokia 3310, mi ha chiesto di reperirgli degli smartphone usati per gli Infermieri dell’ospedale dove lavora. Basta che si accendano ed abbiano accesso ad internet: sì proprio come quelli che avete dimenticato nei meandri di un cassetto. Scrivetemi un messaggio e passerò io a prenderli ben volentieri! P.S. se ve lo state chiedendo la foto l’ho scelta proprio per farvi tenerezza così magari vi alzate dalla scrivania per andare a cercarlo.”

    Queste sono le parole postate su Facebook ad agosto 2017 da Giovanni Maddaloni, il figlio di Domenico, pediatra di Fabriano partito con il Cuamm per trascorrere un anno all’ospedale di Chiulo in Angola. L’appello del figlio ha permesso di raccogliere dei cellulari che Domenico ha portato e distribuito ai colleghi locali. “Tutti hanno subito cominciato a fare foto e scambiarsi i numeri. I colleghi hanno fatto un foglio in cui ognuno ha scritto il suo numero per metterlo a disposizione degli altri!”. In questo modo, racconta Domenico, è stato possibile scambiarsi foto e video per aiutarsi nel fare diagnosi o confrontarsi al meglio sulle condizioni cliniche dei pazienti. “Occorrerebbe aumentare ancora la portata di internet” riflette Domenico al suo rientro dall’Africa. Il pediatra di Fabriano sorride ripensando all’esperienza a Chiulo, che al mattino iniziava con il rito dell’entrega l’incontro tra direttore, medici e caposala, con il passaggio di consegna dalla notte, e poi in corsia, per il giro vista del pazienti più delicati. La giornata procedeva in ambulatorio fino alle quattro, orario in cui terminava il turno e pur mantenendo la reperibilità, il passaggio obbligato era il saluto al sarto del paese, per scambiare quattro chiacchere e ordinare dei tessuti per le camicie. Tra le cose positive, Domenico ricorda il rapporto con i locali: delicatissimi e rispettosi. “Percepivo molta gratitudine e totale fiducia da parte dei loro – racconta Domenico- La cosa più difficile è stato invece il rapporto con l’istituzionalità. Ad esempio l’attenzione all’igiene che era maggiore quando ricevevamo delle figure istituzionali invece che nella quotidianità”.