Medici con l'Africa Cuamm

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Mio fratello è africano

Medici con l’Africa Cuamm desidera esprimere la propria indignazione e il sostegno più sincero al ministro Cécile Kyenge, insultato nei giorni scorsi, in modo ingiusto e immotivato, da parte di alcuni esponenti del mondo politico nazionale e locale. Siamo consapevoli che queste accuse razziste oltre a ferire, ledono grandemente l’immagine dell’Italia e degli italiani. Come

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    Medici con l’Africa Cuamm desidera esprimere la propria indignazione e il sostegno più sincero al ministro Cécile Kyenge, insultato nei giorni scorsi, in modo ingiusto e immotivato, da parte di alcuni esponenti del mondo politico nazionale e locale.

    Siamo consapevoli che queste accuse razziste oltre a ferire, ledono grandemente l’immagine dell’Italia e degli italiani. Come Ong impegnata in Africa dal 1950 per il diritto alla salute delle popolazioni africane, ribadiamo giorno dopo giorno nella pratica della solidarietà, così come lo abbiamo dichiarato nel 2009, che “Mio fratello è africano”.

    Oggi più che mai, alla luce di questi fatti che hanno coinvolto un ministro della nostra Repubblica, vogliamo rinnovare l’attualità di questo messaggio. “Mio fratello è africano” ci ricorda che esiste una sola razza, quella umana e che tutti proveniamo dallo stesso ceppo, originario dell’Africa. Che quel fratello è “nostro” e ci assomiglia a tal punto che in fondo potremmo essere noi.

    Da oltre 60 anni lavoriamo al fianco di questi “fratelli” negli ospedali, nei dispensari e nei reparti speciali per mamme e bambini. Qui sperimentiamo ogni giorno che di fronte alla sofferenza, alla malattia, al dolore e, potremmo aggiungere, alle umiliazioni, non esistono differenze di colore, di lingua, di cultura, di razza. Esiste solo l’essere umano, da amare e rispettare.

    Noi lottiamo contro tutte le forme di discriminazione e le differenze evitabili, ingiuste. Fare qualcosa per l’Africa, o meglio con l’Africa, dovrebbe essere un obbligo morale, una tappa verso lo sviluppo compiuto dell’umanità: significa, infine, fare qualcosa per noi.