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“Estamos juntos!”

A una settimana di distanza dal grave incidente in cui hanno perso la vita una studentessa di infermieristica e un giovane operatore, il ricordo dei colleghi nelle parole di Omar, dello staff Cuamm che condividiamo.

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    A una settimana di distanza dal grave incidente in cui hanno perso la vita una studentessa di infermieristica e un giovane operatore, il ricordo dei colleghi nelle parole di Omar, dello staff Cuamm che condividiamo come lo stesso accorato invito “Estamos juntos!” proprio nel momento più difficile.

    «Succede. Gli incidenti stradali succedono in tutto il mondo. Succede che una decina di ragazzi, infermieri prima di tutto, sono sulla jeep sbagliata nel momento sbagliato. Il destino pure viaggia con loro, nascosto nella ruota posteriore. Gioca in solitario a morra e in palio c’è la vita di ognuno. Il destino a volte è la morte; ed è l’ultima volta perché la partita è persa se a giocarla è lei. Lei non ha occhi e ai nostri, nemmeno un cuore. Su quella jeep ci siamo seduti tutti, stretti tra le risate a solcare i baobab e i termitai che svegliano un orizzonte altrimenti piatto. Succede quello che non deve succedere. Succede quando non te lo aspetti. Una chiamata confusa. Un’ambulanza che parte e un incubo che arriva. Sulla strada una jeep che è ormai uno scheletro di elefante. Fini cristalli che brillano illuminati dai pianti di camici che sono fantasmi. L’avorio è scomparso; come la parte migliore di quel convoglio. Succede che i più gravi arrivino in ospedale e tra i più gravi alcuni non siano gravi; perché già non ci sono. Di notte succede che un ambulatorio diventa terapia intensiva con tutti i medici e gli infermieri a raccolta. Canditi all’interno di un dolce che è il più amaro di questa professione. Succede che qualcosa si prova a fare e quando ci si laverà di dosso il sangue sarà servito a qualcosa; si spera. Di notte succedono i miracoli; i pediatri stabilizzano i politraumi e gli studenti non tremano e hanno mano sicura. Il destino continua a corteggiare la morte e lei si fa bella col suo mantello rosso di sangue. Succede che arrivino le barelle che partiranno finalmente per un ospedale a tre ore da qui. Tutto è sangue; sistoli e diastoli riempiono la stanza. Un pendolo che ci dice che il tempo passa e che ci ricorda che lì fuori, sulla rampa dell’ambulanza, due orologi si sono rotti per sempre. Due anime dolci che la vita l’avrebbero riempita e che ora insegnano passi di danza chissà a chi. Spero al destino; ce lo immaginiamo tutti più ragionevole e accogliente della morte. Da queste parti in ospedale per salutare e ringraziare si battono tre volte le mani e si grida “Brilha” con i palmi aperti, poi si ripete e si incrociano le mani sul petto, dicendo “Brilhamos”. Voi e noi, noi e voi. Quindi clapclap clapclap clapclap Brilha e clapclap clapclap clapclap Brilhamos. Perché anche noi un giorno siamo stati illuminati da voi e finché ci saremo quella luce rimarrà vostra».

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