Medici con l'Africa Cuamm

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A scuola con gli adolescenti per combattere l’Hiv

Anche Medici con l’Africa Cuamm a settembre torna a scuola in Tanzania, impegnata nella lotta e nella prevenzione dell’Hiv tra gli adolescenti, la categoria più a rischio.

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    «Dallo scorso aprile – testimonia dal campo la capoprogetto Chiara Didonè – abbiamo attivato un programma, finanziato da AICS, con capofila l’Università degli Studi di Firenze, nell’area di Shinyanga, allo scopo di curare giovani affetti da Hiv, ma soprattutto di sensibilizzare sul valore della prevenzione: i pregiudizi legati a questo virus ostacolano la diagnosi precoce, così come le distanze geografiche e gli scarsi mezzi di trasporto per raggiungere ospedali e centri specializzati scoraggiano a fare il test.

    Per questo, il Cuamm va nelle scuole, allestendo stand all’ingresso degli istituti. Dopo la sensibilizzazione, offriamo il test. Siamo presenti, poi, nell’ospedale regionale di Shinyanga e nei centri di salute di Ngokolo e Bugisi, dove supportiamo gli operatori sanitari e dove offriamo ogni sabato vere e proprie “cliniche per adolescenti”, cosicché i ragazzi affetti da Hiv possano usufruire di visite di routine, ricevere la terapia e incontrare altri loro coetanei.

    Durante la prima fase del progetto, in collaborazione con le autorità locali, sono state selezionate 15 scuole, 10 secondarie e 5 primarie, per raggiungere la fascia d’età tra i 10 e i 24 anni. Soltanto nel mese di giugno, il programma ha coinvolto 444 studenti. Fondamentale il ruolo del medico tanzaniano del Cuamm, che si occupa anche di educazione sessuale e riproduttiva: insieme, superiamo problematiche linguistiche – io sto imparando, piano piano, lo swahili – ma soprattutto proviamo a fare sentire i destinatari a proprio agio.

    Ricordo un episodio significativo di come le parole e la conoscenza possano aiutare a cambiare prospettiva. Prima di andare in una scuola, ho incontrato una delle insegnanti per spiegarle come si sarebbe svolta la giornata di sensibilizzazione e screening e per capire quanti giovani avrebbero aderito: su centinaia, inizialmente, solo 16 hanno acconsentito a fare il test dell’Hiv. Tutti gli altri mostravano timore. Sulla base di questo numero, abbiamo raggiunto l’istituto con solo una tenda e un infermiere, ma dopo aver svolto l’attività di sensibilizzazione, lo screening ha riguardato ben 117 persone e siamo rimasti a scuola fino alle 7 di sera!

    Dopo quella giornata, ho coinvolto in una chiacchierata alcuni studenti per capire cosa avesse contribuito a convincerli a superare la paura e a sottoporsi al test. L’aspetto più evidente è stato quello di offrire quel servizio a scuola, in un contesto in cui quasi ognuno di loro si è sentito compreso. Noi professionisti siamo un team giovane, abbiamo messo la musica, io parlavo mentre alcuni alunni mi toccavano i capelli, il driver scherzava con qualche battuta. Insomma, con poco li abbiamo coinvolti, come se fossimo tra amici! Il legame emotivo che si crea tra cooperanti Cuamm, soprattutto durante queste iniziative di sensibilizzazione, è molto forte e funziona.

    La parte di testing è sempre psicologicamente difficile. Ricordo quando Elisa, 17enne, ha scoperto la sua positività: la giovane non sapeva che la mamma fosse affetta da Hiv. Grazie al Cuamm, Elisa è stata diagnosticata, ora riceve la terapia adeguata ed è stata informata di un progetto di supporto per positivi all’Hiv.

    C’è ancora tanto lavoro da fare per combattere il pregiudizio e sostenere adeguatamente i pazienti, ma la storia di Elisa è la prova che quello che il Cuamm sta facendo è d’aiuto.

    Non ci siamo fermati neppure d’estate, perché abbiamo organizzato incontri a livello comunitario con “over 20”. Tra poco torniamo a scuola, tra college e scuole superiori, per essere con ragazze e ragazzi tanzaniani. Per accompagnare la speranza di un futuro in cui la sensibilizzazione diminuisce il rischio di contrarre il virus dell’Hiv, un futuro che in quanto tale dai giovani non può prescindere!».