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San Severo cure in cammino

In occasione delle Giornate mondiali del Migranti e del Rifugiato, 4/5 ottobre, raccontiamo la storia di Lamine, un ragazzo del Gambia che da dieci anni lavora nelle campagne del foggiano.

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    Lamine (nome di fantasia) sta salendo sul nostro pulmino quando lo incontriamo. Siamo a San Severo, nel ghetto di Casa Arena, in provincia di Foggia. Qui vivono centinaia di lavoratori stagionali, in gran parte migranti, senza diritti né tutele. La struttura, un tempo dotata di alcuni servizi, oggi non ha più corrente né acqua calda: le persone non riescono nemmeno a ricaricare i cellulari e si arrangiano come possono, in camerate affollate o container, circondati da vecchie bici e auto scassate.

    Lamine sta accompagnando un amico a una visita sanitaria in uno dei nostri ambulatori mobili nella zona. Lui è arrivato in Italia da soli otto mesi e non si sente bene. Lamine traduce, gli sta vicino, si assicura che sia visitato con attenzione. È così che iniziamo a parlare con lui, in inglese.

    «È qui da poco, è ancora provato dal viaggio – ci racconta – otto mesi non sono sufficienti per smaltire il trauma migratorio. In questi giorni vedo che non sta bene, al lavoro va lento, fa fatica. Non è come al solito».

    Lamine invece è in Italia da dieci anni. È partito dal Gambia, ha attraversato il deserto e la Libia, dove ha atteso tre mesi il fratello per affrontare poi insieme la traversata in barcone. Da allora lavora nelle campagne del foggiano. Ne è valsa la pena?

    «Sì, ne è valsa la pena. È difficile, molto difficile, ma nel mio paese non c’era prospettiva. Qui effettivamente non è molto diverso dal Gambia, ma almeno un po’ è meglio».

    Condivide camerate con decine di persone, si arrangia con fornelletti al centro della stanza, affronta le stesse fatiche quotidiane dei suoi compagni, ma riesce a mandare qualcosa a casa, alla madre e ai fratelli e alle sorelle più piccoli: «È il mio primo pensiero».

    Dopo l’amico, anche Lamine chiede di farsi visitare: dolori alla schiena, dovuti ai carichi pesanti e agli sforzi fisici che il lavoro nei campi comporta. Sono disturbi comuni, che incontriamo spesso durante le nostre attività di assistenza sanitaria.

    Con il progetto Su.Pr.Eme 2, i nostri ambulatori mobili raggiungono regolarmente i cosiddetti ‘ghetti’ del foggiano, da Casa Arena a Casa Sankara fino ad altri insediamenti informali, portando cure di base, ascolto e vicinanza. È un lavoro quotidiano, fatto di relazioni costruite passo dopo passo, senza lasciare indietro nessuno.

    Nella Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato, voluta quest’anno da Papa Francesco con il titolo “Migranti, missionari di speranza”, ripensiamo alla storia di Lamine. Con le treccine, un cappellino da baseball, ha il sorriso di una persona che in qualche modo ha trovato una sua strada, una strada che è passata per per un deserto, per la Libia, per una traversata in mare e che è culminata nelle condizioni difficili, molto dure, che affronta qui, nei campi del foggiano. E che pure gli sembrano una prospettiva accettabile.