Storie da non dimenticare
A pagina 12 di È Africa (n. 1, aprile 2013) la testimonianza di Luca Scali, medico Cuamm a Pujehun: in questa pagina il suo racconto completo. |
Ho lavorato in Sierra Leone, esattamente nel distretto di Pujehun, come medico di sanità pubblica dal febbraio all’agosto 2012.
Si tratta di un distretto vasto, abitato da circa 250.000 persone, con un territorio difficile, attraversato da molti fiumi non dotati di ponti. L’unico traghetto esistente per attraversare il fiume Moa, che taglia a metà il distretto, è manuale e si aziona tirando una fune a braccia. Purtroppo, all’inizio della stagione delle piogge è affondato rendendo ancor più complicate le comunicazioni. Le strade tutte sterrate sono difficilmente percorribili soprattutto durante la stagione delle piogge. Nel distretto, inoltre, ci sono ampie zone di foresta senza strade. Tutto questo rende estremamente difficile, per molte persone, raggiungere i servizi sanitari.
In particolare, a pagare il prezzo più alto a causa di tali difficoltà, sono le donne in gravidanza che devono superare ostacoli, talvolta insormontabili, proprio per raggiungere i centri sanitari al momento dell’inizio del travaglio del parto: fare molte ore di cammino, aspettare barche per traghettare i fiumi e poi, attendere auto e bici, azioni queste molto complicate specialmente nelle ore notturne e nei periodi delle piogge. Di conseguenza, ancora molti dei parti sono effettuati a domicilio con la sola assistenza dei familiari o delle ostetriche tradizionali e nei casi in cui le donne intraprendano il viaggio verso gli ospedali, accade spesso che la morte le colga per strada oppure all’ingresso dell’ospedale.
Questi elementi, ci offrono una prima spiegazione dell’elevata numerosità delle morti materne in Sierra Leone, i dati al riguardo parlano da soli: 890 morti materne ogni 100.000 bambini nati vivi; in questo panorama, il distretto di Pujehun è uno dei distretti con la situazione peggiore all’interno dello Stato.
Ritardi
A titolo di esempio, vi posso raccontare uno dei numerosi casi che abbiamo discusso, con la metodica dell’audit, con il personale sanitario locale e poi con le autorità e gli abitanti del villaggio di appartenenza della madre deceduta, per capire, insieme, quali potessero essere le azioni di miglioramento appropriate in modo da impedire il ripetersi di un caso simile e per tentare di ridurre il numero di morti materne.
È la storia di una signora di 38 anni del villaggio di Mojama Fofana. La donna era alla nona gravidanza e l’ultimo parto era avvenuto per taglio cesareo circa un anno e mezzo prima la data della morte. Durante le visite e i controlli prenatali, che erano stati fatti presso il centro sanitario di Gbondapi, alla donna fu caldamente raccomandato di recarsi a partorire presso l’ospedale regionale di Pujehun, a causa del recente taglio cesareo, ma per ragioni sconosciute il consiglio non venne seguito. All’inizio del travaglio, si recò di nuovo al centro sanitario di Gbondapi, ma dopo poche ore, visto la mancata progressione del parto, fu inviata urgentemente all’ospedale regionale di Pujehun e, per una serie di motivi, alcuni dei quali a noi sconosciuti, l’ambulanza dell’ospedale è arrivata con un certo ritardo (la mancanza di carburante ha avuto un ruolo determinante). Purtroppo, il caso ha avuto un esito infausto perché la donna è deceduta proprio all’arrivo all’ospedale per shock emorragico dovuto a rottura dell’utero, probabilmente avvenuta sulla precedente cicatrice del taglio cesareo e con lei anche il bambino che portava in grembo.
Per gli addetti ai lavori non sarà difficile capire che il lavoro da fare sia a livello di educazione sanitaria nei villaggi sia di formazione presso i centri sanitari periferici sia a livello di organizzazione dei servizi sanitari distrettuali, è davvero molto vasto e determinante.
Non solo aspetti negativi
Un’altra situazione negativa nel distretto è l’alto numero di gravidanze nelle adolescenti (per non dire le bambine). Le gravidanze delle bambine di 13-14 anni sono numerose, per la maggior parte dei casi queste donne rimangono da sole senza un compagno, abbandonano la scuola, difficilmente avranno un lavoro.
Ci sono stati però anche molti lati positivi nell’attività del distretto, che mi hanno sorpreso positivamente, ad esempio, le donne in gravidanza che si recano ai centri sanitari del distretto per le visite prenatali. Durante tali visite si fanno degli importanti controlli clinici, vengono intercettati eventuali fattori di rischio che richiedono l’invio all’ospedale, si sfrutta l’occasione per spiegare alle madri i metodi di pianificazione familiare e per fare educazione sanitaria. In particolare l’educazione sanitaria viene condotta dalle infermiere attraverso l’utilizzo di canti e danze; i comportamenti e le azioni da intraprendere per avere una buona gravidanze e le cose da fare immediatamente in caso di complicazioni. Si tratta sicuramente di un esempio positivo da utilizzare anche da altri parti del mondo.
Il personale sanitario dei centri sanitari del distretto di Pujehun (circa 68) era ed è molto ridotto e, al di la dei clinical officer (infermieri specialisti) e di tre ostetriche assunte dal progetto di Medici con l’Africa Cuamm, non molto ben preparato e aggiornato. I corsi di formazione organizzati ogni mese sono stati molto graditi e partecipati. La metodologia di discutere, in gruppo, dei casi clinici, di fare esercitazione pratiche, di riportare loro stessi in plenaria i risulti dei casi studio ha dato dei risultati molto buoni.
Nel distretto si fanno numerose altre attività, tutti i centri sanitari sono il primo punto di accesso per le persone (bambini, uomini e donne) che hanno bisogno di assistenza sanitaria, si fanno le vaccinazioni, si monitora la crescita dei bambini e si curano i casi di malnutrizione più semplici, si raccolgono i dati, si tiene sotto controllo il territorio intorno al centro sanitario, oltre alle visite prenatali e all’assistenza al parto precedentemente menzionati.
Il supporto del progetto è sempre stato gradito.
Luca Scali – aprile 2013