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Ripartire con…Liviana Da Dalt e Frank Houndjahoue

In un ideale cammino di avvicinamento all’Annual Meeting del 13 novembre, vogliamo raccogliere piccoli, preziosi spunti di riflessione tra i tanti ospiti che ci onorano con la loro presenza. Ecco le testimonianze della professoressa Liviana Da Dalt, direttrice del Dipartimento della Salute della Donna e del Bambino dell’Azienda Ospedale-Università di Padova e Frank Houndjahoue, pediatra Cuamm d Bangui, in Repubblica Centrafricana.

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    È stata una giornata particolarmente complicata. La professoressa Liviana Da Dalt direttrice del Dipartimento della Salute della Donna e del Bambino dell’Azienda Ospedale-Università di Padova, spiega: “Garantire a tutti i numerosi bambini un posto letto per il ricovero ha richiesto oggi un grande impegno, ma ci siamo riusciti. Stiamo affrontando un’epidemia di virus respiratorio molto importante. Abbiamo anche il Covid, ma incide poco, se non per l’organizzazione. Quest’anno sono molto anticipate le infezioni della stagione invernale; di conseguenza alcuni piccoli lattanti che di solito a inizio autunno sono sottoposti a profilassi, come quelli nati prematuri, quest’anno non l’hanno ancora ricevuta, per cui sono molto colpiti”. Confesso di aver pensato proprio oggi all’Africa, dove, in condizioni di affollamento ho più volte visto due piccoli lattanti posizionati in una stessa culla! Liviana non si sottrae alle domande, argomenta con ferma pacatezza, cercando di trovare le parole giuste.

    Perché è importante partecipare all’Annual meeting del Cuamm?

    “L’Annual meeting è un’occasione di arricchimento, si esce con una nuova energia, con una carica, nella determinazione a fare meglio, sicuramente con l’Africa e per l’Africa, ma anche nell’impegno di ogni giorno qui da noi. All’Annual meeting si respira un’aria molto particolare, da un certo punto di vista, anche un’aria di festa. È un momento di incontro, di ritrovo di amici, persone che se anche non tutte si riconoscono, condividono questo orgoglio di affiancare Medici con l’Africa Cuamm nella sua progettualità e nel suo impegno in Africa.

    È un momento in cui ci si ferma e si ascoltano testimonianze di storie vere, di impegno concreto, di coraggio, di passione. Da parte di tanti: sia persone più esperte, più mature e di più lunga esperienza, sia dei giovani che è bellissimo incontrare dopo che hanno vissuto magari per la prima volta un’esperienza in Africa e sentono un po’ realizzata la loro vocazione, i loro sogni. Tutti sono modelli di entusiasmo, condivisione e di generosità. Questo ci rinforza e ci dà energia.

    Ma è anche un momento di conoscenza e di aggiornamento delle attività del Cuamm che rende conto con serietà dei suoi progetti e dei risultati del programma “Prima le mamme e i bambini” in cui anche noi siamo stati profondamente coinvolti come medici dedicati ai bambini. Un momento di visione di insieme che ci fa anche vedere la grandezza del Cuamm e rinforza la determinazione e l’orgoglio di essergli accanto. A volte si lavora tanto e si perde la visione di insieme. Allora è un fermarsi e un immergersi in questa meravigliosa realtà di Medici con l‘Africa Cuamm, nonostante tutte le fatiche, trasmette un impegno, un entusiasmo e una passione contagiosi che ognuno si porta a casa dopo quelle due ore passate insieme”.

    Cosa significa ripartire dopo, e per certi versi dentro, questa pandemia?

    “Rispondo con una prospettiva pediatrica, come persona che rappresenta altre persone che si prendono cura dei bambini e delle mamme. È importante ripartire perché con questa pandemia i bambini in Africa hanno ancora più bisogno di noi, ma anche noi qui, in un certo qual modo, abbiamo bisogno dell’Africa. Lo sappiamo: la pandemia ha aumentato le diseguaglianze, ha ritardato l’accesso alle cure, ha ridotto l’efficienza dei servizi già fragili in Africa con un impatto negativo sullo stato di salute dei bambini e delle mamme. È una realtà che conosciamo e che richiede un impegno rinnovato a stare vicino, a portare un piccolo contributo anche con i nostri giovani JPO. Ai miei studenti di medicina, quando iniziano i corsi di Pediatria, insegno sempre che la maggior parte dei bambini del mondo sta nell’emisfero al di sotto di noi, sono là i bambini più svantaggiati, più trascurati. Per questo partire è ancora più importante.

    Ma anche per noi: ci sentiamo meglio, ci sentiamo parte di un progetto molto più grande, in linea con il terzo obiettivo di Sviluppo sostenibile dell’Onu “assicurare la salute e il benessere”, un obiettivo cardine di una visione davvero globale. Di fatto, poi, per noi la pandemia ha fortemente interrotto il progetto JPO che abbiamo abbracciato da oltre 15 anni, durante i quali non c’è stato un giorno che in cui non ci fosse un nostro specializzando in Africa; solo la pandemia è riuscita a fermarci! Ripartire ora è estremamente importante: è un progetto di grande valore per il supporto che offriamo ai bambini in Africa e anche per le nostre scuole di formazione. È il valore aggiunto che dà un’esperienza in Africa: dal conoscere malattie diverse, all’imparare un nuovo modo di approcciarle, a capire i bisogni di salute dei bambini nei Paesi in via di sviluppo, a capire cos’è la cooperazione internazionale. Questo aiuta a essere medici più consapevoli, sia per chi parte, sia per chi rimane, perché chi torna parla di Africa e sensibilizza anche gli altri su questi temi. Anche noi ne abbiamo bisogno!

    Ripartire ora vuol dire avere consapevolezze nuove: la gestione di una pandemia ha sicuramente modificato le nostre organizzazioni, ci ha richiesto creatività e flessibilità nel trovare nuovi modelli assistenziali. La pandemia Covid-19 è stata proprio un modello di come bisogna avere una visione globale delle malattie. Ci ha sicuramente insegnato molto, ci ha mostrato come effettivamente il tema della malattie infettive possa essere una minaccia per la salute del mondo e come serva una mentalità nuova, un nuovo modo di approcciarsi per affrontare problematiche di così ampio respiro”.

    Ripartire con quale dimensione, con quel valore?

    “La determinazione, l’entusiasmo, il coraggio, li diamo già consolidati. Ma adesso abbiamo consapevolezze maggiori di come bisogna essere capaci di adattarci a realtà nuove, che cambiano, anche molto rapidamente, di essere flessibili, creativi nel trovare soluzioni. L’Africa ti mette molto alla prova in questo e stimola queste attitudini così importanti anche nelle nostre realtà, questo lo abbiamo toccato con mano”.

     

    Anche Frank Houndjahoue, pediatra Cuamm d Bangui, in Repubblica Centrafricana, verrà a Padova per vivere insieme il momento dell’Annual Meeting.

    Perché è importante partecipare all’Annual meeting del Cuamm?

    L’Annual Meeting è l’occasione per fare il bilancio di un anno di lavoro sul campo, presentare i risultati raggiunti e le prospettive di intervento nei diversi Paesi in cui opera il Cuamm. Permette di mettere a confronto le diverse realtà, tra cui quella della Repubblica Centrafricana, ognuna con le proprie difficoltà, e di dimostrare l’impatto dell’intervento del Cuamm nell’ultimo miglio. Non sono mai stato in Italia prima, per cui per me venire per l’Annual Meeting sarà anche l’occasione di visitare la sede del Cuamm e di discutere di persona con i colleghi, ma anche di incontrare i team che lavorano in altri Paesi per poter avere fruttuosi scambi di opinioni ed esperienze.

    Cosa significa ripartire dopo, e per certi versi dentro, questa pandemia?

    Ripartire, come dice la parola, è un “partire di nuovo”, indica una continuità ma annuncia anche una novità. Implica un “nuovo inizio”, ma anche “un nuovo slancio”. Una partenza nuova deve certamente fare memoria del passato, interiorizzare il senso di una mission per un’organizzazione ma anche per ogni singola persona e declinarla nel mutato contesto, per potersi proiettare nel futuro. È insomma fatta di fedeltà, è come un tornare alle origini, per così dire a casa, e insieme di innovazione, di adattamento al cambiamento.

    Ripartire con quale dimensione, con quel valore?

    Il mio auspicio è quello di ripartire con determinazione!