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Moses ce l’ha fatta

Giulia, Jpo a Tosamaganga, in Tanzania, ci racconta la storia di Moses, bambino malnutrito guarito grazie ai medici e al supporto comunitario

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    Il reparto pediatrico di Tosamaganga, nella regione di Iringa, accoglie ogni giorno decine di pazienti. Bambini che arrivano febbricitanti, con traumi da incidenti domestici o in condizioni di estrema debolezza, spesso riconducibile ad una malnutrizione, come nel caso di Moses.

    «Quando Moses è arrivato in ospedale, tra le braccia di sua madre, le condizioni sono apparse subito molto serie – racconta Giulia Guerrini, Jpo in pediatria –  la sua pancia era molto gonfia e il corpo coperto di edemi, segni comuni nei casi di grave malnutrizione proteico-energetica, detta kwashiorkor».

    Il kwashiorkor – detto anche forma umida, gonfia o edematosa della malnutrizione proteico-energetica – è una grave forma di malnutrizione molto comune nei Paesi in via di sviluppo. Inizialmente il termine kwashiorkor indicava una malattia che colpisce un bambino che non viene più allattato quando arriva un nuovo fratello o una sorella e infatti colpisce per lo più bambini fino ai cinque anni.

    Tra i fattori che contribuiscono a determinare la comparsa di kwashiorkor ci sono: una dieta povera di proteine, principalmente a base di riso, manioca o mais; infezioni recenti o svezzamento dal latte materno.

    «Sapere come alimentare i propri bambini non è scontato in contesti come questo – spiega Giulia – spesso le mamme smettono di allattare e iniziano a nutrire i piccoli con farina di manioca e acqua ma non è solo una questione di disponibilità e di risorse, si tratta anche di educazione».

    I primi cinque anni di vita di un bambino sono un periodo estremamente delicato nei contesti in cui interveniamo. L’allattamento prima e lo svezzamento poi, rendono la crescita dei più piccoli una fase critica. L’allattamento è infatti necessario per fornire loro una serie di nutrienti e amminoacidi essenziali di cui il latte materno è ricco. Sostanze fondamentali di cui i bambini continuano ad avere bisogno e che è quindi importante garantire anche dopo lo svezzamento, attraverso nuove fonti alimentari.

    Quando lo svezzamento avviene in modo errato, quando non si garantiscono i nutrienti essenziali, le conseguenze possono essere drammatiche.

    Moses ha impiegato molto tempo a riprendersi, il suo è stato un ricovero lungo e complesso. Per circa un mese e mezzo il personale sanitario di Tosamaganga lo ha seguito e monitorato costantemente mentre faceva il possibile per gestire le complicanze. Accanto a lui, in ospedale, non è mancato però l’affetto “familiare”.

    «È stato emozionante vedere la cura e l’apprensione che due donne, vicine di casa, hanno riservato a Moses durante tutto il suo ricovero. Sua madre era a casa, non poteva allontanarsi perché ha un piccolo di pochi mesi e quindi loro si davano il cambio, ogni giorno, partecipando ad ogni decisione che c’era da prendere per il piccolo. Sono madri anche loro, con delle famiglie da accudire e delle responsabilità eppure hanno scelto di aiutare la loro amica e di essere, in questa stanza di ospedale, anche le mamme di Moses» ha detto Giulia.

    Dopo oltre quaranta giorni di ospedale, Moses ha iniziato a stare meglio. Gli edemi sono progressivamente scomparsi, il gonfiore si è riassorbito e il piccolo ha iniziato a prendere peso.

    L’ospedale di Tosamaganga è una struttura da 126 letti, punto di riferimento nella regione di Iringa. Qui, come ci ha raccontato Giulia, la malnutrizione resta la causa principale di decesso sotto i cinque anni di età. Solo nel 2024, abbiamo trattato 129 bambini arrivati in stato di grave malnutrizione.