Aggiornamenti dal Sud Sudan: Raffaella Marino, Pediatra ad Yrol
E poi è arrivata la comunicazione: “serve un pediatra a Yirol”. Ed eccomi qui, atterrata da poche ore nella terra dei Dinka. L’afa è asfissiante e i ricordi si affastellano. Questi primi tre mesi di lavoro mi hanno profondamente segnata, in qualche modo forgiata: presso il Complexe Pédiatrique di Bangui ho supervisionato il lavoro degli

E poi è arrivata la comunicazione: “serve un pediatra a Yirol”. Ed eccomi qui, atterrata da poche ore nella terra dei Dinka. L’afa è asfissiante e i ricordi si affastellano. Questi primi tre mesi di lavoro mi hanno profondamente segnata, in qualche modo forgiata: presso il Complexe Pédiatrique di Bangui ho supervisionato il lavoro degli specializzandi locali e revisionato con loro i casi clinici più complessi, mentre presso il General Hospital di Maridi ho seguito i bambini degenti in Pediatria, molti dei quali affetti da malaria e malnutrizione severa complicata. Ogni paziente si trascina dietro un’intera famiglia che vive in ospedale e le ripercussioni sociali di ciascun ricovero sono molteplici. Bisogna tenerne conto nei processi decisionali quotidiani e ciò permette di esplorare i determinanti di salute in culture differenti. Ancora una volta ho avuto la fortuna di sentirmi accolta in terra straniera, ma ho altresì sperimentato la solitudine, i dubbi clinici più dilanianti, e cosa voglia dire sentirsi responsabili delle scelte. Mi chiedo di continuo quali possano essere le conseguenze e gli effetti collaterali delle mie azioni, delle mie parole, dei miei sguardi. Il principio del “primum non nocere” mi assilla. E l’interrogativo “cui prodest?” risuona martellante, insoluto. Lascio che il dubbio mi tenga sempre all’erta e che sia la profondità degli occhi neri in cui mi imbatto ogni giorno a rispondere. Il sentimento che continua a predominare è la gratitudine per poter godere di questo privilegio, essere “medico con l’Africa”.
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