Il saluto di don Dante Carraro

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Sabato 7 maggio 2016, Udienza a Medici con l’Africa Cuamm

Caro Papa Francesco,

grazie, prima di tutto. Grazie per l’esempio, per i tuoi gesti. Le tue parole ci incoraggiano, ci consolano e ci aiutano ad andare avanti. Qualcuno mi ha chiesto che doni ti portiamo e perdona il “tu”, è che davvero ci sentiamo tanto amici. E ho risposto che gli portiamo i tesori più preziosi che abbiamo: la nostra vita, le nostre famiglie, oggi in particolare, l’Africa e la sua gente, e la nostra passione, il nostro impegno con loro. Questi sono i nostri doni, è quello che ti portiamo. Con me, due testimonianze che mi sono arrivate in questi giorni dai medici che sono giù a lavorare e che non sono qui con noi, ma sono qui con noi spiritualmente. Dal Sud Sudan, uno dei sette paesi dell’Africa sub-sahariana in cui operiamo da 65 anni. Sono due medici, due laici, operai di una chiesa feriale che ama incarnarsi nel mondo, e nella storia di questo mondo, così com’è. Il primo, Massimo La Raja, ospedale di Lui, Sud Sudan:

«Caro Papa Francesco, in una delle tue numerose e sorprendenti prediche, parlando ai tuoi sacerdoti hai detto che i pastori devono avere l’odore delle pecore. E “odore” forse è un eufemismo. Che odore dovranno avere i medici e gli infermieri che operano quaggiù, nella periferia estrema di questa terra? In attesa curiosa della tua risposta, ti racconto gli odori che sentiamo qui: odore di terra che entra negli ospedali con le persone e imbratta di rosso qualsiasi cosa; odore di sangue rappreso, spesso misto alla terra di cui sopra; odore di disinfettante, a riprova che qualcosa stiamo cercando di fare; odore di lacrime e sorrisi che non hanno odore».

Arianna Bortolani:

«Volevo a tutti i costi venire a Yirol per incontrare Gesù nei panni dei più poveri, degli ultimi, qui in Sud Sudan. È un ospedale governativo di 100 posti letto, il Cuamm lo ha riabilitato dopo la guerra e lo sostiene. L’attività è la solita, quella ordinaria dei bisogni essenziali: la maternità, parti e cesarei; la pediatria, specie i neonati ne muoiono ancora tanti neonati; la chirurgia… le solite cose di un ospedale africano. Tre anni fa ero fiduciosa che, oltre alle inevitabili difficoltà, avrei trovato, nel lavoro qui, verità e pienezza di vita. Invece devo confessare che sto facendo fatica. Sì, ci sono le difficoltà logistica, le strade che diventano fango, i pezzi di ricambio che non arrivano mai, il mercato chiuso per la svalutazione. Sì, tutto questo è vero, ma la vera fatica è proprio quella di riconoscere il volto e la persona di Gesù. L’altro ieri ero davvero a terra. Una giovane mamma morta dando alla luce il suo bambino perché arrivata tardi: non aveva i soldi per il trasporto. Qui la salute è davvero un privilegio per pochi, solo per chi se la può permettere, altro che diritto per tutti. Faccio fatica a riconoscerTi, Gesù, vorrei vedere risultati subito e più li cerco più mi sembra non ci sia niente che funzioni. Eppure ogni tanto una preghiera, un sorriso, una frase ridanno allo sguardo la giusta direzione. L’altro ieri mi dicevano: “Dottore, non dimenticherò mai che quando ero in prigione tu mi hai curato. Da allora prego sempre per la tua famiglia”. Squarci di sole che consentono di vedere il bello che a volte è semplicemente davanti agli occhi».

Questo è il nostro cuore, caro Papa Francesco, e questo è quello che ti portiamo. Don Luigi Mazzucato, che ci ha guidato per molti anni e ora è in cielo, ha sognato e lottato tutta la vita, e noi con lui, perché tutti, specie i più poveri, mamme e bambini in testa, abbiano accesso alle cure, almeno a quelle essenziali di base che mancano o non sono accessibili ancora in tantissime parti dell’Africa. Fa male dentro vedere una mamma che muore di parto o un bambino che perdiamo a causa della polmonite, o perché è malnutrito.

E allora l’idea potrebbe anche essere quella di trasformare la “giornata del malato” dell’11 febbraio, che tutta la Chiesa celebra, nella “giornata per l’accesso alle cure per tutti”. La possibilità per tutti, specie i più poveri, di essere curati e assistiti con dignità. Questo è quello che abbiamo nel cuore e che ti portiamo.

Grazie, Papa Francesco, davvero con tutti noi. Prima di tutto a Lei il grazie, ma sentiamo il dovere di ringraziare la prefettura con Mons. Sapienza, che ha portato tanta pazienza con noi, perché siamo in tanti e un po’ come i pullman africani, pieni di gente e un po’ confusi, ma avevamo voglia di essere qua con te; e con lui anche la Gendarmeria nella persona del dottor Giani. Davvero un grazie, grazie di cuore, Papa Francesco, continua a camminare con noi.

Don Dante Carraro
direttore di Medici con l’Africa Cuamm

11 maggio 2016Leggi anche il ringraziamento del direttore