Turmi, South Omo, Etiopia, febbraio 2016
di Nicola Berti

La schiena di Toro sembra un dipinto astratto. Una di quelle tele materiche fatte di segni, solchi, linee irregolari, incomprensibili. Quei segni hanno però un significato ben preciso, ci raccontano una storia che affonda le sue radici in tradizioni cristallizzate nei secoli. La schiena di Toro racconta le frustate ricevute durante il rito di passaggio del bull jump, il più importante della tribù hamer, nella regione del South Omo, in Etiopia.

I grattacieli di Addis Abeba sembrano molto più distanti delle quindici ore di auto che servono per arrivare in questa zona meridionale. A Turmi sembra di stare in un’altra epoca più che in un altro posto.

I segni sulla schiena di Toro raccontano una storia comune a tutte le donne hamer. Ma la schiena di Toro stavolta non riceverà frustate, le danze tribali fissate nei prossimi giorni non la vedranno protagonista: la schiena di Toro è rimasta appoggiata alle pareti della nuova maternity waiting house del centro di salute di Turmi, la principale struttura sanitaria della zona, candidata a diventare ospedale nel giro di poco tempo. Toro è incinta e di lì a qualche giorno darà alla luce il suo secondo figlio. Abita in un villaggio distante e in questi casi è rischioso attendere le doglie per recarsi in una struttura sanitaria per partorire, per questo dieci giorni fa ha scelto di traferirsi nella casa di attesa costruita da Medici con l’Africa Cuamm.

Alla waiting house di Turmi, Toro passa il tempo ricamando pelli di capra con perline colorate, tra qualche giorno tornerà al suo villaggio con il nuovo figlio e la sua schiena si arricchirà di altri segni, non solo frustate ma carichi di legna, frasche, sacchi, bidoni di acqua.

Perché è sulle spalle delle donne hamer che si regge il peso di questa cultura millenaria.

(brano tratto da èAfrica n.1 2016)