Wolisso, Etiopia, luglio 2014
di Federico Calia, capo progetto
Durante una delle visite che conduciamo nelle comunità, sono entrato in una capanna e ho trovato, attaccato al muro di fango e paglia, uno dei nostri volantini promozionali per il servizio di ambulanza, con il numero di cellulare da chiamare in caso di bisogno. Le capanne etiopi nelle zone rurali sono di una miseria e di una povertà estrema.
Quel semplice foglio di carta appeso è segno che la nostra presenza si sta radicando nella vita del villaggio, che il nostro servizio è diventato essenziale.
Abbiamo dovuto affrontare molte barriere, tra cui quelle culturali, legate al fatto che le donne preferiscono partorire nel loro villaggio, vicine ai familiari e in un contesto più intimo, invece che in un centro sanitario. Abbiamo lavorato a fondo con le comunità per sensibilizzarle e credo che questo sia uno degli aspetti più emozionanti del nostro lavoro. Nel momento in cui una donna incinta chiama il cellulare dell’ambulanza è perché ha deciso di farlo. Prima di quella chiamata c’è stata una riflessione autonoma sul rischio di partorire a casa invece che in una struttura sanitaria. Questa scelta ragionata è per noi un grande risultato raggiunto, di cui andare fieri.