Pujehun, Sierra Leone, maggio 2014
di Valentina Volpon, osterica
Essere ostetrica in Sierra Leone ha significato per me molto di più che essere una semplice operatrice sanitaria.
Essere in Africa e con l’Africa, è stato per me condividere la propria esperienza per regalare un’opportunità a chi non l’ha avuta. Anche da questa convinzione è nata la voglia ed il bisogno di spingermi fino all’ultimo miglio, in piccoli centri di salute attrezzati per far partorire le mamme, a promuovere giornate di formazione e regalare alle infermiere locali una possibilità che non hanno avuto prima.
Villaggio di Gbondapi, giornata dedicata alla rianimazione neonatale. Si inizia con la preghiera poi, una breve presentazione del corso. Dopo una lezione teorica, noto le difficoltà del personale di fronte ad un argomento tanto complesso e decido di passare alla pratica. Le mie mani iniziano a battere al ritmo di un cuore di neonato che inizialmente sta bene ma che inizia a soffrire nel tentativo di nascere. Spuntano i primi sorrisi, le cose cominciano a diventare più chiare. Ritorno a casa con il cuore pieno di gioia e mi chiedo se la lezione è stata utile.
Passano i giorni, poi una mattina una telefonata mi sveglia e una voce piena di gioia mi dice: «Sono riuscita a rianimare un bambino, ora sta bene, è in braccio alla sua mamma e questo grazie a te! Un giorno arriverà qualcuno di nuovo qui ed io gli racconterò che la rianimazione me l’ha insegnata Valentina, un’ostetrica venuta ad aiutarci dall’Italia». La nostra telefonata finisce così.
Inutile spiegare quanto il mio cuore scoppiasse di orgoglio e gioia. Capire di aver fatto un passo nella giusta direzione e ritrovarsi a ricevere molto più di quanto non si sia stato donato, scoprire il vero senso della condivisione, il significato più profondo di essere medici con l’Africa e non semplicemente medici in Africa, tutto questo per me è l’Africa, tutto questo per me è Cuamm.