Cuamm Trentino

la salute è un diritto, battersi per il suo rispetto è un dovere

Io e il Sud Sudan

Strutture inadeguate, grandi distanze e mezzi ridotti, ma anche senso di comunità e una forte motivazione di personale e volontari. È questo l’Ospedale di Lui, in Equatoria Occidentale, Sud Sudan. La testimonianza di un medico.

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di Margherita Taras

È successo. Sono partita. Tra felicità, curiosità e un pizzico di paura. Destinazione Sud Sudan per una consulenza in ambito del progetto Quality of Care per l’Ospedale rurale di Lui.

La felicità per il mio “sogno CUAMM” che si avverava, la curiosità e la paura dell’ignoto…Confesso che non sapevo nemmeno il nome della capitale del Sud Sudan fino a che non mi è stata fatta la proposta e sapevo poco anche riguardo alla storia del Paese. Mi sono quindi documentata, ho studiato e ho cercato di arrivare sul posto preparata.

L’arrivo all’aeroporto di Juba è stato destabilizzante: dopo un anno di lockdown, restrizioni di vari colori e incertezze dovute alla pandemia, mi sono ritrovata in mezzo a una folla ciarliera e caotica. Poi qualche giorno di quarantena nella capitale, un po’ frastornata e ancora incredula, infine il tampone per il via libera verso la meta finale.

Atterrata all’airstrip di Mundri ho annusato l’aria, mi sono riempita gli occhi del rosso della pista e del verde dei manghi e mi sono sentita a casa.

L’arrivo all’Ospedale di Lui è stato invece emozionante: una bella accoglienza dai colleghi di CUAMM e una sensazione di grande gioia interiore.

Dal giorno successivo mi sono immersa nelle attività di reparto e ho iniziato a conoscere lo staff. La percezione che ci fosse una sorta di timore e diffidenza nei miei confronti è stata immediata, forse il mio arrivo era vissuto come un’ispezione, ma alla prima riunione il clima si è disteso.

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Lo staff Cuamm dell’Ospedale a Lui

Ho parlato di qualità della cura a chi fino a pochi giorni prima non sapeva nemmeno se sarebbe arrivato a sera. Non è stato banale, ma sono partita da una semplice domanda: Cosa vuol dire per voi prendersi cura? E soprattutto di chi e come possiamo prenderci cura nel modo migliore?

L’attenzione è andata subito sulla comunità: l’ospedale è un luogo di tutti e tutti possiamo e dobbiamo sentircene responsabili, questo vale in ogni luogo del mondo.

Devo ringraziare gli anni spesi ad occuparmi di formazione e di progetti internazionali perché mi hanno permesso di entrare in rapida sintonia con la realtà locale.

L’Ospedale di Lui è una struttura rurale, isolata ma che copre le necessità sanitarie di un ampio bacino di popolazione a un basso tasso di scolarizzazione. Per questo è importante parlare un linguaggio comprensibile ed efficace, che permetta a tutti di capire il perché delle cose.

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Madri prossime al parto. Nei pressi dell’ospedale sono ospitate in una “casa di attesa”

L’edificio potrebbe e dovrebbe essere migliorato, le attrezzature sono insufficienti se non addirittura del tutto mancanti (non esiste un apparecchio per la Radiologia!!!). Ho preso accuratamente nota di tutti questi aspetti pratici e materiali che ho poi segnalato nel mio report come ambiti di miglioramento, poi però mi sono concentrata sulle persone come le vere risorse. La motivazione del personale e della popolazione è, a mio avviso, il punto cardine su cui fare leva per una vera crescita.

Per mia natura cerco sempre di individuare prioritariamente i punti di forza di un luogo, di una situazione o delle persone per poi individuare le criticità e cercare soluzioni concrete e realizzabili.

Ascoltare, guardare, imparare e provare a capire davvero l’ambiente in cui ti trovi e le persone che hai davanti, costruire fiducia e credibilità: così io ho interpretato la mia appartenenza a CUAMM.

Mille i pensieri e le emozioni che mi hanno attraversato nei giorni sudsudanesi. Da medico la tristezza nel rivedere ancora la disequità nell’accesso alla salute in certi luoghi del mondo, la consapevolezza di quanto ancora ci sia da fare, la frustrazione e l’impotenza davanti a situazioni cliniche potenzialmente gestibili con poco che lì diventano irrisolvibili. Pensare che non sia possibile fare degli esami del sangue per una diagnostica di base, vedere un neonato andarsene perché non c’è un apparecchio per la ventilazione assistita, vedere scendere da un mezzo adibito ad “ambulanza” un numero imprecisato di persone che hanno patologie diverse per tipo e gravità…tutto questo è inaccettabile!

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Il mezzo ambulanza dell’Ospedale

Ma ero lì per capire cosa si può fare per migliorare e per proseguire il cammino che CUAMM ha iniziato nel 2006 al fianco del Sud Sudan, prima ancora che fosse uno Stato indipendente nel 2011.

La mia attenzione è stata catturata dalla presenza di una scuola per ostetriche che negli scorsi anni ha già permesso a venti studentesse di ottenere il loro diploma di cui vanno fiere e che rappresentano motivo di orgoglio per tutta la famiglia CUAMM.

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Una lezione alla Scuola Ostetriche di Lui. La formazione è ripresa dopo il lockdown

La scuola è, a mio parere, il cuore di quella realtà. Una scuola vera in mezzo alla boscaglia, quasi un miracolo di CUAMM che l’ha voluta e realizzata. Una scuola che si occupa di formare professioniste e professionisti per la salute delle donne e dei bambini, quindi della salute del futuro di un Paese. Una struttura con docenti preparate e motivate, aule ampie e comode, materiali per le esercitazioni pratiche e una biblioteca fornitissima, con strumenti didattici moderni pur con le immaginabili difficoltà legate alla connessione di rete non sempre affidabile.

La Scuola e l’Ospedale hanno davvero una grande potenzialità. L’Istruzione e la Salute pubblica d’altronde sono le colonne su cui si poggia un vero e possibile sviluppo di un Paese. Questo abbinamento può senz’altro portare grandi risultati con il coinvolgimento della popolazione, nel rispetto della cultura locale.

Con le solide fondamenta del profondo lavoro negli anni e i cambiamenti che si sono già ottenuti si può realmente credere in un salto di Qualità per Lui e il Sud Sudan. Così la Qualità della Cura sarà un progetto sanitario aderente alla realtà locale, porterà miglioramenti della struttura fisica dell’Ospedale, migliori attrezzature e con esse una migliore assistenza.

Il mio report finale è stato improntato su tutti questi aspetti umani, sanitari, materiali, formativi, organizzativi e gestionali.

A chi mi ha chiesto perché ho accettato di partire per uno dei luoghi più disastrati del mondo, in piena pandemia, posso solo rispondere che non c’è un perché se non la spinta irresistibile ad essere là dove la mia professione ritrova un senso originario. E a chi ha chiesto invece che cosa mi fosse mancato di più durante la mia permanenza lì posso dire che non mi è mancato nulla di materiale (cibo, divertimenti, shopping…); mi sono mancate le persone care, ma la tecnologia mitiga la lontananza. Mi mancano invece molto le persone che ho lasciato a Lui Hospital.

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Margherita Taras all’Ospedale di Lui con un neonato. Anche nelle situazioni più disagiate c’è spazio per la gioia e la speranza

Spero che la mia vita incroci ancora le strade di CUAMM, delle sue mamme, dei suoi bambini, delle Scuole e degli Ospedali dove si costruisce sviluppo, futuro e dignità.

Grazie di cuore CUAMM, alla prossima!

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