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Annual Report 2019: la concretezza del sogno

Concretezza e futuro: sono le parole che racchiudono un anno, sintetizzato nei dati dell’Annual Report 2019 presentato a inizio luglio: 201.119 parti assistiti; 33.393 trasporti in ambulanza per emergenze ostetriche; 539.672 visite pre e post natali, 7.211 bambini malnutriti trattati. Per un totale di 2.711.257 persone curate. Insieme a una terza parola: gratitudine, per i tanti, tantissimi che hanno reso possibile questi risultati. Perché, sempre, oltre ai numeri, ci sono vite e storie che si sono intrecciate tra l’Africa e l’Italia.Lo sottolinea don Dante Carraro direttoredi Medici con l’Africa Cuamm: «Migliaia di persone credono in noi e ci sostengono. Il 35% del nostro bilancio viene dalla gente che crede in noi. In questo sentiamo tutta la responsabilità di reinvestire in larga parte questa somma al servizio dei più poveri, mantenendo bassi i costi di funzionamento che sono solo il 4,2% del bilancio». Un altro dato è molto significativo: le 31 ricerche scientifiche fatte in contesti fragili e pubblicate su riviste accreditate perché «se l’Africa è un continente povero, non per questo la medicina che si applica deve essere “trasandata” e non di qualità. Lo scorso anno abbiamo formato circa 5.000 persone. Di questi oltre 4.800 sono operatori sanitari di medio livello, gli altri sono infermieri, ostetriche e medici. È un lavoro nascosto che però va a toccare il futuro di questo continente».

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Ripartire, aiutandosi gli uni con gli altri

Per il Mozambico il 2019 è stato un anno drammatico «cominciato con 2 cicloni, uno nella provincia di Sofala, il 14 marzo e uno in quella di Cabo Delgado, il 26 aprile. I più gravi degli ultimi 10 anni in Africa, con un livello di distruzione altissima, specie nella città di Beira, dove il Cuamm è presente da 20 anni – ricorda in collegamento da Maputo, Giovanna De Meneghi, responsabile dei progetti Cuamm nel paese –. Tutte le attività sono state interrotte per rispondere all’emergenza, abbiamo utilizzato tutte le nostre forze, umane ed economiche, per far fronte a questa situazione che ha causato oltre 1.000 morti e non si sa quanti desaparecidos trascinati via dall’acqua». E continua: «Dopo il Ciclone, il popolo mozambicano ha dato prova di grande forza e coraggio, si è rimboccato le maniche e si è dato subito da fare per aiutarsi, l’uno con l’altro e ricostruire la propria città e dare speranza a tutta la popolazione così duramente colpita. Noi abbiamo formato gli attivisti con cui lavoriamo in ambito Hiv/Aids, perché andassero nei quartieri più periferici a sensibilizzare la popolazione nella prevenzione e il trattamento del colera, che è stata la principale conseguenza sanitaria post ciclone. Allo stesso tempo abbiamo creato un sistema di 5 ambulanze dislocate nei centri sanitari più popolosi della città, per assicurare trasporto sicuro a mamme e bambini, verso l’ospedale centrale. Infine, ci siamo impegnati nella grande opera di ricostruzione fisica della nuova Neonatologia dell’Ospedale Centrale».

Sierra Leone: un'emergenza quotidiana

«In Africa si va in ospedale perché c’è qualcosa di grave, non per motivi estetici o per poche linee di febbre, lì le emergenze sono all’ordine del giorno, come al Princess Christian Maternity Hospital di Freetown dove si fa 1 parto ogni ora e 1 cesareo ogni 3, con una mole di lavoro enorme per i medici e gli infermieri. Dietro ciascuno dei dati del Report c’è un mondo: per esempio c’è il grande problema della distanza e del trasporto. Ogni donna che deve fare una visita si chiede se ne valga veramente la pena, perché non si tratta della visita in sé, ma di pagare il trasporto per il viaggio, di lasciare gli altri figli da soli, di non occuparsi del raccolto necessario per vivere. Sempre in Sierra Leone, paese grande quanto il Veneto, nel 2019 il Cuamm ha avviato il Nems (una sorta di 118 per l’intero paese) che con gli oltre 23.000 trasporti effettuati, nello scorso anno ha percorso, con le sue 80 ambulanze, 2 milioni di chilometri di strade dissestate», ricorda Fabio Manenti, program manager del Cuamm.

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